Tutele crescenti: si amplia la tutela reintegratoria dopo l’intervento della Consulta
Corte cost., 16 luglio 2024, n. 128
Corte cost., 16 luglio 2024, n. 129
Si arricchisce di due nuove sentenze, edite il 16 luglio scorso, l’elenco delle questioni di costituzionalità del regime di tutela contro i licenziamenti illegittimi introdotto dal d.lgs. n. 23/2015.
Con la sentenza n. 128/2024, la Corte ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 3 del d.lgs. 23/2015 nella parte in cui non prevede la reintegrazione nel posto di lavoro qualora sia accertata l’insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ritenendo ingiustificata la disparità di trattamento con l’insussistenza del fatto contestato al lavoratore in caso di licenziamento disciplinare: in entrambi i casi il recesso è del tutto privo di causa e non può essere rimessa alla qualificazione del recesso prescelta dal datore una radicale diversità di regimi di tutela. Dalla nozione di insussistenza del fatto, secondo la Consulta, deve essere esclusa la violazione del c.d. repêchage.
Con la sentenza n. 129/2024 invece, pur dichiarando infondata la questione, la Corte ha affermato che l’art. 3, co. 2, del d.lgs. 23/2015 deve essere interpretato nel senso che si applica la tutela reintegratoria anche ai licenziamenti disciplinari intimati per inadempienze per le quali la contrattazione collettiva prevede espressamente e specificamente sanzioni conservative: diversamente ragionando infatti, secondo la Consulta, si porrebbe nel nulla il ruolo della contrattazione collettiva nella disciplina dei rapporti di lavoro.