Sul trasferimento di ramo d’azienda
Corte Cass., 19 gennaio 2017, n. 1316 – Cessione di beni e trasferimento del ramo d’azienda
La Corte di Cassazione rammenta che l’elemento costitutivo ai fini dell’operatività della disposizione di cui all’art. 2112 cod. civ., sulla cessione del ramo d’azienda, è l’autonomia funzionale del ramo ceduto “ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi, funzionale ed organizzativo e quindi di svolgere – autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione, indipendentemente dal coevo contratto di fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato tra le parti”.
Nel caso di specie, era stata operata una rivendicazione da parte di un gruppo di dipendenti di un call center – a seguito dell’esternalizzazione di una parte dell’attività alla quale questi erano addetti – poiché tale operazione non era stata qualificata dalle parti come trasferimento di ramo d’azienda.
Si ricorda che, in base a quanto previsto dall’art. 2112 cod. civ., i rapporti di lavoro dei dipendenti addetti a un ramo d’azienda trasferito si svolgono senza soluzione di continuità con l’impresa del cessionario; essi mantengono i diritti acquisiti durante il rapporto con il cedente, e il cessionario è responsabile in solido per i crediti di lavoro sorti precedentemente al trasferimento, salvo diverso accordo. Inoltre, ai rapporti di lavoro si applicano, fino alla scadenza, i contratti collettivi applicati dal cedente – salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario – e i lavoratori, nel caso in cui subiscano sostanziali modifiche alla disciplina del proprio rapporto di lavoro nei tre mesi successivi al trasferimento, possono rassegnare le proprie dimissioni per giusta causa.
In tal caso, il datore di lavoro aveva ceduto una serie di beni strumentali al preteso cessionario, e ha stipulato con quest’ultimo un contratto di appalto.
Diversamente da quanto stabilito dalle corti territoriali, la Cassazione ha escluso la possibilità di configurare il trasferimento del ramo di azienda, mancando “l’autonomia e l’autosufficienza dell’articolazione aziendale trasferita”; elemento che, peraltro, si desume dalla ”continua interazione necessaria per la realizzazione dell’attività ceduta, non svolta in autonomia, in continuo collegamento (…) con i programmi informatici necessari rimasti in proprietà esclusiva dell’impresa cedente e senza i quali non sarebbe stato possibile l’espletamento del servizio”.
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