Garante privacy: il lavoratore ha diritto di accesso ai propri dati personali contenuti in una relazione investigativa
Con provvedimento n. 290 del 6 luglio 2023 il Garante privacy ha deciso su un reclamo proposto da un lavoratore che aveva chiesto al proprio datore di lavoro di avere “accesso ai propri dati aventi ad oggetto i fatti ed i comportamenti asseritamente irregolari indicati nella lettera di contestazione di addebito”.
Per il Garante l’inidoneo riscontro alle istanze di accesso presentate dal reclamante risulta illecito in relazione agli artt. 5, par. 1, lett. a), 12 e 15 del Regolamento.
In sintesi, per il Garante, non è conforme a quanto stabilito dall’art. 15 subordinare il riscontro all’istanza di accesso alla indicazione dettagliata da parte dell’interessato dei “documenti” cui si chiede di accedere.
Inoltre, il menzionato art. 15 del Regolamento, quanto all’oggetto del diritto di accesso, chiarisce che questo ricomprende anche le “categorie di dati personali” nonché “qualora i dati non siano raccolti presso l’interessato, tutte le informazioni disponibili sulla loro origine”.
Pertanto la Società, riscontrando le istanze del reclamante, avrebbe dovuto fornire tutti i dati raccolti con la relazione investigativa, considerato che la stessa contiene anche categorie di dati relative al reclamante (fotografie, una rilevazione Gps, descrizioni di luoghi, persone e situazioni) che non sono state trasferite nella contestazione disciplinare.
L’art. 15 prevede altresì che, qualora i dati non siano raccolti direttamente presso l’interessato (come nel caso di specie), il titolare del trattamento debba indicare la loro origine. Nel caso di specie tale informazione non era stata fornita in sede di riscontro all’istanza di accesso.
Quanto alle modalità del riscontro che il titolare del trattamento deve fornire a seguito della richiesta di esercizio dei diritti da parte dell’interessato, l’art. 12 prescrive, poi, che il titolare “agevola l’esercizio dei diritti” e fornisce “le informazioni relative all’azione intrapresa […] senza ingiustificato ritardo e, comunque, al più tardi entro un mese dal ricevimento della richiesta” e “se non ottempera alla richiesta dell’interessato, il titolare del trattamento informa l’interessato senza ritardo […] dei motivi dell’inottemperanza e della possibilità di proporre reclamo a un’autorità di controllo e di proporre ricorso giurisdizionale”.
Informazioni mai fornite dalla società al lavoratore.
Infine, la condotta della Società non appare conforme al principio di correttezza del trattamento, che costituisce uno dei principi generali in materia anche con particolare riguardo all’ambito del rapporto di lavoro (art. 5, par. 1, lett. a) del Regolamento), posto che il titolare non ha indicato la specifica origine dei dati utilizzati per la contestazione disciplinare né ha rappresentato la sussistenza di un concreto pregiudizio all’esercizio di un proprio diritto.