licenziamento per inidoneità alle mansioni
Cass., sez. lav., 26 aprile 2016, n. 8248 affronta l’ipotesi di licenziamento intimato al lavoratore sulla base della contestazione da parte del datore di lavoro di avere appreso in ritardo il riconoscimento dello status di invalido civile in capo al lavoratore, in quanto non vedente e sull’assunto che il riconoscimento di invalido civile in quanto non vedente lo rende inidoneo alle mansioni dedotte in contratto.
Secondo la Suprema Corte già il tenore della lettera “radica il convincimento che proprio la condizione di non vedente del lavoratore sia stata la ragione esclusiva del licenziamento intimatogli: tanto più che la stessa Corte aquilana ha contraddittoriamente rilevato che “la incapacità a rendere proficuamente la prestazione di lavoro è correlata non ad effettive disfunzioni rilevate nello svolgimento dei compiti di pertinenza del P. , posto che nessun fatto specifico gli viene rimproverato, ma alla sua condizione di invalidità… che non ha impedito però al P. , almeno fino a che è durato il rapporto, di svolgere le sue attività”.
La Corte di Cassazione sottolinea l’apoditticità delle conclusioni datoriali rilevando il difetto di prova che la condizione di carenza visiva avesse ostacolato la capacità del lavoratore di rendere proficuamente la prestazione e come l’inidoneità all’esecuzione della prestazione fosse sostenuta senza “alcun accertamento sanitario a norma dell’art. 5, ult. comma l. 300/1970”.
Pertanto, il licenziamento poteva essere ricondotto alle ipotesi previste dall’art. 15 della L. 300/1970 (licenziamento discriminatorio), ovvero, ai casi in cui il licenziamento viene intimato solo ed esclusivamente per ragioni di handicap.
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