La distribuzione dell’onere della prova in materia di infortunio sul lavoro
Con la decisione 7 luglio 2020 n. 14082 la Corte di Cassazione, in tema di sicurezza dell’ambiente di lavoro, ha affermato che il mero fatto di lesioni riportate dal dipendente in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa non determina di per sé l’addebito delle conseguenze dannose al datore di lavoro, occorrendo la prova, tra l’altro, della nocività dell’ambiente di lavoro.
La responsabilità del datore di lavoro deve quindi essere collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge, ma anche suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento.
Ne consegue che incombe sul lavoratore che lamenti di avere subìto, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro, e solo se il lavoratore abbia fornito la prova di tali circostanze, sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi.
Nel caso di specie, un dipendente era caduto procurandosi gravi lesioni attraversando una buca di due metri di lunghezza e altri due di larghezza che era stata creata per raggiungere mediante una scala a pioli i locali interrati dello stabilimento in cui prestava la propria attività lavorativa.