La Corte costituzionale e il precariato della scuola
La Corte costituzionale, nella sentenza n. 187, depositata il 20 luglio 2016, ha dichiarato costituzionalmente illegittima la normativa nazionale in materia di contratti a tempo determinato nel comparto scuola e in particolare “dell’art. 4, commi 1 e 11, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), nella parte in cui autorizza, in mancanza di limiti effettivi alla durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino”.
Tale decisione era largamente prevedibile dopo la nota sentenza Mascolo della Corte di Giustizia (cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13).
Proprio da tale decisione muove l’analisi della Corte costituzionale.
Secondo la Corte europea le esigenze di continuità didattica che inducono ad assunzioni temporanee di dipendenti nel comparto scuola possono costituire una ragione obiettiva che giustifica sia la durata determinata dei contratti conclusi con il personale supplente, sia il rinnovo di tali contratti in funzione delle esigenze di continuità didattica.
Tuttavia, nel caso in esame. il rinnovo di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato al fine di soddisfare queste esigenze non hanno avuto, di fatto, un carattere provvisorio, ma, al contrario, permanente e durevole, e pertanto non giustificato.
Dalla decisione della Corte di Giustizia, per il Giudice delle leggi, ne consegue la “illegittimità costituzionale, dell’art. 4, commi 1 e 11, della legge n. 124 del 1999”.
La normativa comunitaria non prevede però misure sanzionatorie specifiche, rimettendone l’individuazione alle autorità nazionali e limitandosi a definirne i caratteri essenziali (dissuasività, proporzionalità, effettività).
Restano, dunque, spazi per la normativa nazionale sulle ricadute sanzionatorie dell’illecito.
La Corte costituzionale, anche in questo caso, muove dalla sentenza Mascolo che individua alcune delle misure che possono essere adottate (procedure di assunzione certe, anche nel tempo, e risarcimento del danno), non escludendone altre, purché rispondenti ai requisiti ricordati.
Secondo la Corte Costituzionale le misure sono fra loro alternative e quindi si deve ritenere sufficiente l’applicazione di una sola di esse purché “presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione”.
Da tale principio deriva, secondo le conclusioni della Corte, che gli interventi posti in essere dall’Italia sono adeguati essendo previsto per i docenti un programma straordinario di assunzione attraverso o lo scorrimento della graduatoria o concorsi riservati e per il personale ATA il risarcimento del danno espressamente preso in considerazione dalla normativa in questione (legge n. 107 del 2015).
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