Investigazioni private e rapporto di lavoro
È legittimo il pedinamento del dipendente effettuato da un investigatore privato incaricato dal datore di lavoro?
Nel caso di specie, un datore di lavoro ha affidato ad un’agenzia investigativa il compito di monitorare costantemente per circa tre settimane il dipendente fuori dai luoghi di lavoro. Secondo i magistrati della Cassazione, sezione Lavoro, sentenza n. 17723/2017, ci si trova di fronte a «un’attività investigativa svolta da un’agenzia privata e connessa ad una specifica indagine su pretese violazioni del dipendente in relazione a compiti esterni fuori sede, indagine che ricade nella figura del controllo difensivo da parte del datore di lavoro in una sfera eccedente i luoghi di lavoro». La Corte sostiene, inoltre, che non si possa parlare di «violazione della privacy» del lavoratore o di eccessiva «invasività dei controlli dal punto di vista meramente quantitativo (i giorni del pedinamento)», poiché la durata (20 giorni) non eccede i principi di adeguatezza e di proporzionalità.
Il lavoratore ha lamentato la violazione dell’art. 4 della l. n. 300/1970 in tema di controlli sul lavoratore, nonché la violazione delle disposizioni in materia di tutela della privacy (d.lgs. n. 193/2003).
In tal senso, la disposizione dello Statuto dei lavoratori, riformata dal Jobs Act in costanza di un complesso dibattito dottrinario, ha portato alla revisione dell’art. 4 l. n. 300/1970 in senso più permissivo, prevedendo, tuttavia, ai fini dell’utilizzabilità delle informazioni raccolte il rispetto della normativa sulla privacy.
La Corte ha statuito che si tratta di un’attività investigativa svolta da un’agenzia privata e connessa ad una specifica indagine su pretese violazioni di un dipendente in relazione a compiti esterni fuori sede, indagine che ricade nella figura del “controllo difensivo” da parte del datore di lavoro in una sfera eccedente i luoghi di lavoro, ribadendo però il principio generale in questi termini: “la violazione dei principi fissati dal cosiddetto “codice della privacy” del 2003 condurrebbe alla inutilizzabilità processuale ed ancor prima disciplinare dei dati”.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!