Discriminazioni di genere e progressioni di carriera nella polizia penitenziaria
Corte costituzionale, sent. 04/12/2023, n. 211
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 211 del 4 dicembre, si è pronunciata sulla discriminazione di genere contenuta in alcune disposizioni dell’Ordinamento del personale della Polizia penitenziaria, ritenute dal giudice a quo (il Consiglio di Stato) contrastanti con gli artt. 3, 31, 37 e 117, co. 1, della Costituzione, in quanto tali da penalizzare le lavoratrici donne nell’accesso alla progressione di carriera, in relazione alla maternità.
Le disposizioni in questione, cioè gli artt. 27, co. 2 e 28, co. 4 del d.lgs. 443/1992, riguardano l’accesso alla qualifica di vice ispettore della Polizia penitenziaria. Alla qualifica si accede tramite concorso, i vincitori del quale sono nominati allievi ispettore e devono frequentare un corso di formazione al termine del quale gli allievi che abbiano superato gli esami e le prove pratiche sono immessi in ruolo.
Le disposizioni al vaglio della Consulta prevedono la dimissione dal corso per le lavoratrici assenti per maternità, con diritto di partecipare al primo corso successivo ai periodi di assenza dal lavoro. Al termine del corso, la nomina a vice ispettore e l’immissione in ruolo decorrono in relazione al corso al quale la lavoratrice ha potuto partecipare e non a quello per il quale originariamente era risultata vincitrice.
Secondo la Consulta, tale previsione contrasta con i sopra citati parametri di costituzionalità nella parte in cui non prevede la retrodatazione degli effetti giuridici della nomina alla stessa data di decorrenza attribuita agli idonei del corso di formazione originario. La posticipazione dell’immissione in ruolo comporta, infatti, il ritardo nella progressione di carriera e una definitiva perdita di chances rispetto agli altri vincitori del medesimo concorso.
Il diritto fondamentale alla parità di trattamento è violato dalle norme in questione dal momento che esso non risulta adeguatamente garantito dal solo riconoscimento del diritto a partecipare a un corso di formazione organizzato in una data successiva e incerta: l’amministrazione, infatti, non è tenuta ad attivare tale corso secondo scadenze prestabilite e, nel caso a quo, erano passati ben 12 anni prima dell’attivazione di un nuovo corso.