Covid-19: sospensione del lavoratore non vaccinato e obbligo di repechage
Con la sentenza del 15 settembre 2021 il Tribunale di Milano ha affermato, in applicazione della disciplina introdotta dal d.l. n. 44/2021 convertito con modificazioni in l. n. 76/2021, che in ambito socio-sanitario, la sospensione del lavoratore che rifiuta di sottoporsi alla vaccinazione rappresenta una extrema ratio.
In caso di sospensione del rapporto per impossibilità temporanea della prestazione grava, infatti, sul datore di lavoro un onere probatorio analogo a quello previsto per il caso di licenziamento per impossibilità definitiva della prestazione (i.e. impossibilità del c.d. repechage): in ambedue i casi il datore di lavoro è onerato di provare di non poter utilizzare il lavoratore in altra posizione di lavoro o in altre mansioni equivalenti o inferiore.
Nel caso di specie, nel quadro della vigente disciplina in tema di obbligo di vaccinazione per le professioni sanitarie e socio-sanitarie, il datore dovrà verificare l’esistenza in azienda di posizioni lavorative alternative, astrattamente assegnabili al lavoratore, atte a preservare la condizione occupazionale e retributiva, da un lato, e compatibili, dall’altro, con la tutela della salubrità dell’ambiente di lavoro, in quanto non prevedenti contatti interpersonali con soggetti fragili o comportanti, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.