La legge 13 ottobre 2020 n. 126 ha convertito in legge il c.d. decreto di Ferragosto (d.l. 14 agosto 2020 n. 104).
Di seguito una sintetica analisi di alcune delle disposizioni rilevanti sul piano giuslavoristico.
Sul piano delle misure in materia di lavoro si conferma anzitutto (art. 1) il quadro già delineato sugli ammortizzatori sociali concepiti per far fronte al Covid-19: il traghettamento è compreso nel periodo dal 13 luglio al 31 dicembre 2020 e per una durata massima di nove settimane, incrementate di ulteriori nove settimane. Le ulteriori nove settimane di trattamenti sono riconosciute esclusivamente ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il precedente periodo di nove settimane, decorso il periodo autorizzato. Per questa seconda tranche è però previsto un contributo addizionale determinato sulla base del raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre 2019, pari: a) al 9 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al venti per cento; b) al 18 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato. Il contributo addizionale non è dovuto dai datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20 per cento e per coloro che hanno avviato l’attività di impresa successivamente al primo gennaio 2019.
Si conferma (art. 3) per i datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, che non richiedono i trattamenti di integrazione salariale per Covid-19 e che abbiano già fruito, nei mesi di maggio e giugno 2020, di tali trattamenti l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di quattro mesi, fruibili entro il 31 dicembre 2020, nei limiti del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei predetti mesi di maggio e giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, riparametrato e applicato su base mensile. L’esonero può essere riconosciuto anche ai datori di lavoro che hanno richiesto periodi di integrazione salariale ai sensi del predetto decreto-legge n. 18 del 2020, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020.
Una ulteriore misura di esonero (operante fino al 31 dicembre 2020) riguarda i datori, con esclusione del settore agricolo, che assumono, successivamente all’entrata in vigore del decreto, lavoratori subordinati a tempo indeterminato, con esclusione dei contratti di apprendistato e dei contratti di lavoro domestico. In tal caso viene riconosciuto l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di sei mesi decorrenti dall’assunzione, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile (art. 6).
Si confema (art. 8) la particolare disciplina del contratto a termine. Viene infatti modificato l’art. 93 del decreto rilancio (decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77). Nella nuova formulazione dell’art. 93 cit. viene sostituito il comma 1 : «In conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, in deroga all’articolo 21 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 e fino al 31 dicembre 2020, ferma restando la durata massima complessiva di ventiquattro mesi, è possibile rinnovare o prorogare per un periodo massimo di dodici mesi e per una sola volta i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81». La formula, se da un lato abbandona il precedente riferimento al “riavvio delle attività” facendo venir meno un elemento ritenuto necessario per accedere alla deroga, sembra, da altro lato, più restrittiva perché incanala la deroga dentro i limiti massimi temporali della disciplina standard.
Inoltre, la legge di conversione prevede una interessante modifica della disciplina della somministrazione. L’art. 8, comma 1-bis. dispone che, in considerazione dell’attuale fase di rilancio dell’economia e al fine di garantire la continuità occupa- zionale, all’articolo 31, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Nel caso in cui il contratto di somministrazione tra l’agenzia di somministrazione e l’utilizzatore sia a tempo determinato l’utilizzatore può impiegare in missione, per periodi superiori a ventiquattro mesi anche non continuativi, il medesimo lavoratore somministrato, per il quale l’agenzia di somministrazione abbia comunicato all’utilizzatore l’assunzione a tempo indeterminato, senza che ciò determini in capo all’utilizzatore stesso la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato. La disposizione di cui al periodo precedente ha efficacia fino al 31 dicembre 2021».
Viene prorogato il divieto di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e collettivi già previsto dalle ben note precedenti disposizioni (art. 14).
Il tenore letterale dell’art. 14 non è chiarissimo ma la lettura sistematica delle varie disposizioni sembra confermare l’operatività del divieto fino al 31 dicembre 2020.
A questa soluzione si perviene proprio leggendo gli artt. 1 e 3 prima esaminati unitamente all’art. 14 cit. il quale prevede che ai datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui all’articolo 1 ovvero dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 3 resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto. Alle stesse condizioni di cui al comma 1, resta, altresì, preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.
Da tale ultima formula potrebbe trarsi la conclusione che, nel caso di imprese che ricorrano ai trattamenti di integrazione salariale da Covid-19, il divieto di licenziamento è destinato ad operare solo fino alla integrale fruizione di tali trattamenti: in tali casi dunque non opererebbe uno specifico limite temporale ma il divieto verrebbe meno solo dopo al termine dell’integrazione salariale.
I divieti sopra indicati non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei caso in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 cod. civ., ovvero nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, a detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22. Sono altresì esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.
Si segnalano poi alcune previsioni in tema di lavoro agile e congedo straordinario per i genitori durante il periodo di quarantena obbligatoria del figlio convivente per contatti scolastici (art. 21-bis, che sembra in sovrapposizione con l’art.5 del d.l. n. 111/2020) e di lavoro agile per genitori con figli con disabilità (21-ter) nonchè alcune modifiche sulla disciplina in materia di sorveglianza attiva in quarantena (art. 26).
Il trattamento economico e normativo del lavoratore somministrato nella costituzione del rapporto con l’utilizzatore
da adminLa Corte di Cassazione con ordinanza del 13 ottobre 2020, n. 22066 ha affermato che la relazione biunivoca fra lavoratore e utilizzatore nel rapporto trilatero di somministrazione, in relazione agli atti di gestione del rapporto di lavoro, è limitata al periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, considerato che, quale datore di lavoro, è il somministratore il soggetto tenuto all’obbligo retributivo (fatto salvo il rimborso dei relativi oneri da parte dell’utilizzatore).
Nel momento in cui la struttura trilatera del rapporto viene meno, per effetto della irregolarità del contratto di somministrazione giudizialmente accertata, appare consequenziale che il soggetto il quale sia stato utilizzatore della prestazione del lavoratore, sia libero di gestire il rapporto di lavoro in autonomia secondo le regole che rinvengono applicazione nell’ambito dell’assetto organizzativo aziendale in cui la prestazione del lavoratore viene ad inserirsi.
Ciò in quanto, al di là di ogni questione inerente all’inquadramento del vizio che ha ingenerato la irregolarità del rapporto, si determina comunque la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro con l’utilizzatore, trattandosi – come affermato in dottrina – di un rapporto ordinario, il quale si differenzia da quello precedente, che era speciale, in quanto funzionale alla somministrazione del lavoratore.
Una diversa opzione ermeneutica ad avviso della Corte condurrebbe alla incongrua conclusione che il trattamento economico e normativo applicato da parte del somministratore, dovrebbe rimanere intangibile, pur a seguito dell’inserimento del lavoratore in una diversa compagine organizzativa, ed anche a prescindere da qualsivoglia mutamento nell’esecuzione della prestazione.
Nel caso di specie un lavoratore, dopo la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l’utilizzatore in conseguenza della nullità del contratto di somministrazione, aveva visto ridursi la retribuzione erogata rispetto a quella percepita nel corso del rapporto dal somministratore e aveva pertanto agito in giudizio per chiedere alla società utilizzatrice le differenze retributive.
La legittimità dei controlli datoriali effettuati per mezzo degli addetti alla vigilanza
da adminCon sentenza del 9 ottobre 2020, n. 21888 la Corte di Cassazione ha affermato che il datore di lavoro è legittimato a controllare l’adempimento delle prestazioni lavorative dei propri dipendenti direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica, a condizione che i soggetti coinvolti nella vigilanza siano noti agli altri lavoratori.
In particolare, la Suprema Corte ha ribadito che la disposizione di cui all’art. 3 della l. n. 300/1970 – secondo la quale i nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell’attività lavorativa devono essere comunicati ai dipendenti interessati – non ha fatto venire meno il potere dell’imprenditore di controllare direttamente, o mediante l’organizzazione gerarchica che a lui fa capo, l’adempimento delle prestazioni dei lavoratori.
Il datore – per mezzo di soggetti noti agli altri dipendenti – può dunque accertare eventuali mancanze specifiche dei dipendenti medesimi, già commesse o in corso di esecuzione.
Tale attività è dunque lecita indipendentemente dalle modalità con le quali viene compiuto il controllo che, attesa la particolare posizione di colui che lo effettua, può legittimamente avvenire anche occultamente, senza che a ciò osti il principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione dei rapporti.
Il D.P.C.M. 13 ottobre 2020
da adminEcco il testo del D.P.C.M. 13 ottobre 2020 pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Oltre alle previsioni di taglio generale si segnala che il suddetto D.P.C.M. conferma (art. 2) che sull’intero territorio nazionale tutte le attività produttive industriali e commerciali, fatto salvo quanto pre-visto dall’art. 1, rispettano i contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali di cui all’allegato 12, nonché, per i rispettivi ambiti di competenza, il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e le parti so- ciali, di cui all’allegato 13, e il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nel settore del trasporto e della logistica sotto- scritto il 20 marzo 2020, di cui all’allegato 14.
La conversione in legge del decreto di Ferragosto
da adminLa legge 13 ottobre 2020 n. 126 ha convertito in legge il c.d. decreto di Ferragosto (d.l. 14 agosto 2020 n. 104).
Di seguito una sintetica analisi di alcune delle disposizioni rilevanti sul piano giuslavoristico.
Sul piano delle misure in materia di lavoro si conferma anzitutto (art. 1) il quadro già delineato sugli ammortizzatori sociali concepiti per far fronte al Covid-19: il traghettamento è compreso nel periodo dal 13 luglio al 31 dicembre 2020 e per una durata massima di nove settimane, incrementate di ulteriori nove settimane. Le ulteriori nove settimane di trattamenti sono riconosciute esclusivamente ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il precedente periodo di nove settimane, decorso il periodo autorizzato. Per questa seconda tranche è però previsto un contributo addizionale determinato sulla base del raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre 2019, pari: a) al 9 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al venti per cento; b) al 18 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato. Il contributo addizionale non è dovuto dai datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20 per cento e per coloro che hanno avviato l’attività di impresa successivamente al primo gennaio 2019.
Si conferma (art. 3) per i datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, che non richiedono i trattamenti di integrazione salariale per Covid-19 e che abbiano già fruito, nei mesi di maggio e giugno 2020, di tali trattamenti l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di quattro mesi, fruibili entro il 31 dicembre 2020, nei limiti del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei predetti mesi di maggio e giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, riparametrato e applicato su base mensile. L’esonero può essere riconosciuto anche ai datori di lavoro che hanno richiesto periodi di integrazione salariale ai sensi del predetto decreto-legge n. 18 del 2020, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020.
Una ulteriore misura di esonero (operante fino al 31 dicembre 2020) riguarda i datori, con esclusione del settore agricolo, che assumono, successivamente all’entrata in vigore del decreto, lavoratori subordinati a tempo indeterminato, con esclusione dei contratti di apprendistato e dei contratti di lavoro domestico. In tal caso viene riconosciuto l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di sei mesi decorrenti dall’assunzione, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile (art. 6).
Si confema (art. 8) la particolare disciplina del contratto a termine. Viene infatti modificato l’art. 93 del decreto rilancio (decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77). Nella nuova formulazione dell’art. 93 cit. viene sostituito il comma 1 : «In conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, in deroga all’articolo 21 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 e fino al 31 dicembre 2020, ferma restando la durata massima complessiva di ventiquattro mesi, è possibile rinnovare o prorogare per un periodo massimo di dodici mesi e per una sola volta i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81». La formula, se da un lato abbandona il precedente riferimento al “riavvio delle attività” facendo venir meno un elemento ritenuto necessario per accedere alla deroga, sembra, da altro lato, più restrittiva perché incanala la deroga dentro i limiti massimi temporali della disciplina standard.
Inoltre, la legge di conversione prevede una interessante modifica della disciplina della somministrazione. L’art. 8, comma 1-bis. dispone che, in considerazione dell’attuale fase di rilancio dell’economia e al fine di garantire la continuità occupa- zionale, all’articolo 31, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Nel caso in cui il contratto di somministrazione tra l’agenzia di somministrazione e l’utilizzatore sia a tempo determinato l’utilizzatore può impiegare in missione, per periodi superiori a ventiquattro mesi anche non continuativi, il medesimo lavoratore somministrato, per il quale l’agenzia di somministrazione abbia comunicato all’utilizzatore l’assunzione a tempo indeterminato, senza che ciò determini in capo all’utilizzatore stesso la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato. La disposizione di cui al periodo precedente ha efficacia fino al 31 dicembre 2021».
Viene prorogato il divieto di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e collettivi già previsto dalle ben note precedenti disposizioni (art. 14).
Il tenore letterale dell’art. 14 non è chiarissimo ma la lettura sistematica delle varie disposizioni sembra confermare l’operatività del divieto fino al 31 dicembre 2020.
A questa soluzione si perviene proprio leggendo gli artt. 1 e 3 prima esaminati unitamente all’art. 14 cit. il quale prevede che ai datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui all’articolo 1 ovvero dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 3 resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto. Alle stesse condizioni di cui al comma 1, resta, altresì, preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.
Da tale ultima formula potrebbe trarsi la conclusione che, nel caso di imprese che ricorrano ai trattamenti di integrazione salariale da Covid-19, il divieto di licenziamento è destinato ad operare solo fino alla integrale fruizione di tali trattamenti: in tali casi dunque non opererebbe uno specifico limite temporale ma il divieto verrebbe meno solo dopo al termine dell’integrazione salariale.
I divieti sopra indicati non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei caso in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 cod. civ., ovvero nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, a detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22. Sono altresì esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.
Si segnalano poi alcune previsioni in tema di lavoro agile e congedo straordinario per i genitori durante il periodo di quarantena obbligatoria del figlio convivente per contatti scolastici (art. 21-bis, che sembra in sovrapposizione con l’art.5 del d.l. n. 111/2020) e di lavoro agile per genitori con figli con disabilità (21-ter) nonchè alcune modifiche sulla disciplina in materia di sorveglianza attiva in quarantena (art. 26).
Proroga dello stato di emergenza e ulteriori misure urgenti
da adminSulla Gazzetta Ufficiale n. 248 del 7 ottobre 2020 sono stati pubblicati due importanti provvedimenti varati dal Governo per far fronte all’emergenza epidemiologica.
Si tratta della delibera del Consiglio dei Ministri del 7 ottobre 2020, che ha prorogato al 31 gennaio 2021 lo stato di emergenza, e del d.l. 7 ottobre 2020 n. 125 recante “Misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché per l’attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020”.
La proroga dello stato di emergenza si è resa necessaria a causa del persistere del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili.
Il decreto legge, adottato in conseguenza della proroga dello stato di emergenza epidemiologica, ha previsto alcune novità di rilievo.
Innanzitutto, al fine di ridurre il rischio di contagio ha introdotto la possibilità di prevedere l’obbligo di avere sempre con sé i dispositivi di protezione delle vie respiratorie, sia nei luoghi chiusi diversi dalle abitazioni private, sia nei luoghi all’aperto.
Restano esclusi da tale obbligo i soggetti che svolgono attività sportiva, i bambini di età inferiore ai sei anni e i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina, nonché coloro che per interagire con i predetti versino nella medesima incompatibilità.
Con riferimento ai trattamenti di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga, l’art. 3 d.l. n. 125 del 2020 ha stabilito il differimento al 31 ottobre 2020 dei termini di invio delle domande di accesso ai trattamenti collegati all’emergenza COVID-19 e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi previsti all’art. 1, c. 9 e 10, d.l. n. 104 del 2020.
Infine l’art. 4 del d.l. n. 125 del 2020 ha provveduto a dare attuazione alla direttiva UE 2020/739, concernente l’inserimento del SARS-CoV-2 nell’elenco degli agenti biologici che possono causare malattie infettive nell’uomo.
In particolare, è stato inserito all’interno dell’allegato XLVI del d.lgs. n. 81 del 2008, nella sezione VIRUS, dopo la voce “Coronaviridae – 2″ la voce ” Sindrome respiratoria acuta grave da Coronavirus 2 (SARS – CoV-2)”; inoltre è stata inserita la nota Oa) formulata come segue: “In linea con l’articolo 16, paragrafo1, lettera c), della direttiva 2000/54/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, il lavoro di laboratorio diagnostico non propagativo riguardante il SARS-CoV-2 deve essere condotto in una struttura in cui si utilizzano procedure equivalenti almeno a livello di contenimento 2. Il lavoro propagativo riguardante il SARS-CoV-2 deve essere condotto in un laboratorio con livello di contenimento 3 a una pressione dell’aria inferiore a quella atmosferica”.
Conversione in legge del decreto semplificazioni
da adminÈ stata pubblicata, sul Supplemento Ordinario n. 33 della Gazzetta Ufficiale n. 228 del 14 settembre 2020, la l. n. 120/2020 di conversione, con modificazioni, del d.l. n. 76 del 16 luglio 2020, recante: «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale».
Tra le principali novità apportate in sede di conversione, in materia di contratti pubblici si segnala l’allungamento dal 31 luglio al 31 dicembre 2021 del termine del periodo in cui varranno le nuove procedure “veloci” per l’affidamento di lavori, servizi e forniture.
È stato inoltre introdotto un obbligo di pubblicità anche per le procedure negoziate senza bando ed è stato previsto che alle procedure di affidamento gli operatori economici possono partecipare anche in forma di raggruppamenti temporanei di cui all’articolo 3, comma 1, lettera u), del d.lgs. n. 50/2016.
È stata ridotta da 150 mila a 75 mila euro la soglia per gli affidamenti diretti dei servizi di progettazione.
È stato altresì prorogato sino al 31 dicembre 2021 l’obbligo per tutte le stazioni appaltanti di dotarsi di un “arbitro” composto da tre o cinque membri, il c.d. collegio consultivo tecnico, per risolvere rapidamente le controversie e le dispute tecniche che potrebbero bloccare gli appalti.
Per le procedure oggetto del codice dei contratti pubblici è stato previsto che al DURC sia aggiunto il documento relativo alla congruità dell’incidenza della manodopera, con riferimento allo specifico intervento.
La definizione delle relative modalità di attuazione viene demandata ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
Sono fatte salve le procedure i cui bandi o avvisi siano pubblicati prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale sopra citato.
Al fine di accelerare le procedure per l’attuazione degli investimenti pubblici e per l’affidamento di appalti e concessioni, è stato istituito un fondo presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con dotazione pari a 1 milione di euro per l’anno 2020 e a 2 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022.
Tali risorse sono destinate ad iniziative finalizzate all’aggiornamento professionale del responsabile unico del procedimento (RUP) di cui all’articolo 31 del d.lgs. n. 50/2016.