Con il messaggio n. 406 del 29 gennaio 2021 l’INPS ha fornito le prime indicazioni operative per la presentazione delle domande relative alla fruizione delle nuove 12 settimane di integrazione salariale.
In particolare, l’Istituto ha precisato che il periodo aggiuntivo può essere richiesto da tutti i datori di lavoro che hanno dovuto interrompere o ridurre l’attività produttiva per eventi riconducibili al Covid-19, a prescindere dal precedente utilizzo degli ammortizzatori sociali fino al 31 dicembre 2020.
È possibile richiedere la concessione della Cassa Integrazione e dell’assegno ordinario, per periodi decorrenti dal 1° gennaio 2021, per una durata massima di 12 settimane.
I trattamenti di CIGO devono essere collocati nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 marzo 2021, quelli di assegno ordinario e CIGD tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2021.
Per richiedere l’ulteriore periodo di 12 settimane di cassa integrazione salariale (ordinaria o in deroga) e di assegno ordinario, i datori di lavoro dovranno trasmettere domanda di concessione dei trattamenti con la nuova causale, denominata “COVID 19 L. 178/20”.
Sarà possibile inoltrare le suddette istanze a prescindere dall’avvenuto rilascio da parte delle Strutture territoriali dell’Istituto delle autorizzazioni relative alle sei settimane richieste ai sensi dell’articolo 12 del decreto-legge n. 137/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176/2020.
Con riferimento alla cassa integrazione in deroga (CIGD), l’INPS ha ricordato che, in base alle precisazioni fornite nel messaggio n. 2946/2020, possono trasmettere le domande come “deroga plurilocalizzata” esclusivamente i datori di lavoro che hanno ricevuto la prima autorizzazione con decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali; tutti gli altri datori di lavoro, invece, anche con più unità produttive, dovranno trasmettere la domanda come “deroga INPS” (cfr. la circolare n. 86/2020).
Gli autisti di Uber: la decisione della Corte Suprema del Regno Unito
da adminCon la decisione del 19 febbraio 2021 la Corte Suprema del Regno Unito ha affermato che gli “autisti” che operano attraverso la piattaforma Uber sono lavoratori (“worker”) e non “contraenti indipendenti”.
In particolare, i Giudici hanno affermato che non vi è alcun elemento sostanziale per affermare che Uber London ha agito come agente per gli autisti (come, per esempio, nella prenotazione alberghiera tramite piattaforma che gestisce il servizio e il sistema di pagamento, trattenendo una “commissione di servizio”), come sostenuto dall’azienda.
Ad avviso della Corte gli autisti si trovavano in una posizione di dipendenza nei confronti di Uber, tale da avere scarsa o nessuna capacità di migliorare la loro posizione economica attraverso l’abilità professionale o imprenditoriale.
Rinunzie, transazioni e contenzioso giudiziario
da adminCon ordinanza n. 698 del 18 gennaio 2021, la Corte di Cassazione ha affermato che il lavoratore può legittimamente avanzare rivendicazioni economiche o previdenziali riferite all’arco temporale di un rapporto di lavoro non regolarizzato, ancorché siano intervenute ben due conciliazioni stragiudiziali.
In particolare, secondo le risultanze del giudice d’appello, la sottoscrizione della lavoratrice, in sede di tentativo di conciliazione, nella quale aveva affermato di aver svolto attività lavorativa in forma subordinata dal 22 luglio 1968, non implica la rinuncia ad ipotetici diritti riguardanti altri periodi non esplicitamente o implicitamente menzionati, cosicché non è configurabile una cosciente manifestazione della volontà abdicativa.
Confermando la tesi del giudice di merito, gli Ermellini hanno richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui i diritti ai quali si rinuncia in sede di tentativo di conciliazione stragiudiziale, della quale il prestatore deve avere piena coscienza, non escludono ulteriori pretese evincibili in sede giudiziaria.
La condotta antisindacale riguarda il perimetro del lavoro subordinato: l’esclusione dei riders
da adminCon il decreto del 9 febbraio 2021, il Tribunale di Firenze ha affermato che il procedimento d’urgenza previsto dall’art. 28 della l. n. 300/1970 non è applicabile ai riders, non potendo gli stessi essere qualificati come lavoratori subordinati.
Nel caso di specie, gli organismi locali delle associazioni sindacali di categoria hanno proposto ricorso ex art. 28 St. Lav. lamentando la risoluzione del rapporto di lavoro comunicata agli oltre 8.000 riders della società Deliveroo Italy S.r.l. all’improvviso e senza alcun coinvolgimento dei soggetti rappresentativi, in violazione delle norme interposte e delle Carte Fondamentali che assicurano il diritto delle organizzazioni sindacali a essere consultate e informate nella gestione di provvedimenti a rilevanza collettiva e nei casi di pianificazione di esuberi, da ritenersi sussistente anche con riguardo al rapporto di lavoro etero-organizzato ex art. 2 del d.lgs. n. 81/2015.
Ad avviso del Tribunale il perimetro di azione del procedimento per la repressione della condotta antisindacale comprende i soli conflitti che si sviluppano all’interno dei rapporti di natura subordinata e che vedono come controparte, appunto, il datore di lavoro, non rientrando, invece, nel campo di applicazione della norma statutaria de qua i conflitti che coinvolgono eventuali diritti di libertà, attività sindacale o astensione dal lavoro di lavoratori autonomi o parasubordinati.
Isolamento fiduciario per ferie all’estero e licenziamento per giusta causa
da adminCon l’ordinanza del 21 gennaio 2021, il Tribunale di Trento ha affermato che è legittimo il licenziamento irrogato alla lavoratrice non rientrata in servizio al termine delle ferie, per osservare i 14 giorni di isolamento fiduciario disposto come conseguenza di un viaggio all’estero che la dipendente avrebbe potuto evitare.
Nel caso di specie, ad avviso del Giudice, la lavoratrice si è posta, per propria responsabilità, in una situazione di impossibilità di riprendere servizio subito dopo la fine del periodo di ferie, che avrebbe potuto facilmente evitare astenendosi dall’effettuare il viaggio in Albania.
Detta circostanza – precisa il Tribunale – non costituisce un’illegittima limitazione all’esercizio del diritto di fruizione delle ferie, se si pensa che il soddisfacimento delle esigenze di sanità pubblica, sottese alla necessità di contrastare la situazione di pandemia da COVID-19, ha comportato per ampi strati della popolazione il sacrificio di numerose libertà personali costituzionalmente tutelate.
La condotta di cui la lavoratrice si è resa responsabile integra quindi una giusta causa di licenziamento.
In particolare, nella vicenda in esame, assumono rilievo sia la durata dell’assenza (14 giorni) e le conseguenti disfunzioni che sono verosimilmente derivate in pregiudizio dell’organizzazione dell’attività produttiva esercitata dalla società datrice, sia la noncuranza che la ricorrente ha manifestato nei confronti delle esigenze dell’azienda alle quali ha manifestamente anteposto i propri interessi personali.
Diritto di svolgere la prestazione di lavoro in condizioni sicure, Covid-19 e licenziamento
da adminCon la sentenza n. 9 del 13 gennaio 2021, il Tribunale di Arezzo ha affermato che è illegittimo il licenziamento irrogato al lavoratore che si era rifiutato di svolgere il proprio lavoro di cassiere davanti ad un cliente sprovvisto di mascherina anti Covid-19.
Nel caso di specie, il Giudice del Lavoro ha osservato che il fatto contestato al lavoratore non assurge a quei caratteri di gravità necessari per integrare la giusta causa di licenziamento, non recando alcun pregiudizio economico o all’immagine del datore di lavoro.
Il lavoratore si è limitato ad esercitare il proprio diritto, costituzionalmente garantito, a svolgere la propria prestazione in condizioni di sicurezza.
Secondo il Tribunale, invero, l’esimente dello stato di necessità dettata dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, consentiva al dipendente, pur in assenza di una specifica disposizione di legge, anche di astenersi dal lavoro poiché lo svolgimento della prestazione lo esponeva ad un rischio di danno alla persona.
Ulteriori settimane di integrazione salariale: le prime indicazioni INPS
da adminCon il messaggio n. 406 del 29 gennaio 2021 l’INPS ha fornito le prime indicazioni operative per la presentazione delle domande relative alla fruizione delle nuove 12 settimane di integrazione salariale.
In particolare, l’Istituto ha precisato che il periodo aggiuntivo può essere richiesto da tutti i datori di lavoro che hanno dovuto interrompere o ridurre l’attività produttiva per eventi riconducibili al Covid-19, a prescindere dal precedente utilizzo degli ammortizzatori sociali fino al 31 dicembre 2020.
È possibile richiedere la concessione della Cassa Integrazione e dell’assegno ordinario, per periodi decorrenti dal 1° gennaio 2021, per una durata massima di 12 settimane.
I trattamenti di CIGO devono essere collocati nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 marzo 2021, quelli di assegno ordinario e CIGD tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2021.
Per richiedere l’ulteriore periodo di 12 settimane di cassa integrazione salariale (ordinaria o in deroga) e di assegno ordinario, i datori di lavoro dovranno trasmettere domanda di concessione dei trattamenti con la nuova causale, denominata “COVID 19 L. 178/20”.
Sarà possibile inoltrare le suddette istanze a prescindere dall’avvenuto rilascio da parte delle Strutture territoriali dell’Istituto delle autorizzazioni relative alle sei settimane richieste ai sensi dell’articolo 12 del decreto-legge n. 137/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176/2020.
Con riferimento alla cassa integrazione in deroga (CIGD), l’INPS ha ricordato che, in base alle precisazioni fornite nel messaggio n. 2946/2020, possono trasmettere le domande come “deroga plurilocalizzata” esclusivamente i datori di lavoro che hanno ricevuto la prima autorizzazione con decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali; tutti gli altri datori di lavoro, invece, anche con più unità produttive, dovranno trasmettere la domanda come “deroga INPS” (cfr. la circolare n. 86/2020).