È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 70 del 22 marzo 2020 il testo del decreto legge n. 41/2021 recante “misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da Covid-19” (c.d. Decreto Sostegni).
Il Decreto interviene al fine di potenziare gli strumenti di contrasto alla diffusione del contagio da Covid-19 e di contenere l’impatto sociale ed economico delle misure di prevenzione adottate.
Gli interventi previsti si articolano in 5 ambiti principali: 1. sostegno alle imprese e agli operatori del terzo settore; 2. lavoro e contrasto alla povertà; 3. salute e sicurezza; 4. sostegno agli enti territoriali; 5. ulteriori interventi settoriali.
Varie ed importanti sono le misure che interessano il diritto del lavoro, fra le quali primeggia la proroga del blocco dei licenziamenti e del particolare regime della Cassa integrazione, dovendo distinguersi fra due fattispecie.
A) L’art. 8 del Decreto prevede che i datori di lavoro privati che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 possono presentare, per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto, domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale di cui agli articoli 19 e 20 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 per una durata massima di tredici settimane nel periodo compreso tra il 1° aprile e il 30 giugno 2021. Per i trattamenti concessi non è dovuto alcun contributo addizionale.
In tale fattispecie, fino al 30 giugno 2021, resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 lu-glio 1991, n. 223 e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto. Fino alla medesima data di cui al primo periodo, resta, altresì, precluso al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.
B) Lo stesso art. 8 cit. prevede che i datori di lavoro privati che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 possono presentare, per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto, domanda per i trattamenti di assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga di cui agli articoli 19, 21, 22 e 22-quater del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 per una durata massima di ventotto settimane nel periodo tra il 1° aprile e il 31 dicembre 2021. Per i trattamenti concessi non è dovuto alcun contributo addizionale.
In tale fattispecie, dal 1° luglio al 31 ottobre 2021 ai datori di lavoro di cui ai commi 2 e 8 resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto. Ai medesimi soggetti di cui al primo periodo resta, altresì, preclusa indipendentemente dal numero dei dipendenti la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.
In entrambe le fattispecie le sospensioni e le preclusioni sopra descritte non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22. Sono altresì esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia di-sposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.
Obbligo di vaccinazione e collocamento in ferie del lavoratore
da adminCon l’ordinanza dello scorso 19 marzo il Tribunale di Belluno ha rigettato il ricorso d’urgenza proposto da alcuni dipendenti di una RSA che avevano rifiutato di sottoposti al vaccino anti Covid-19 e che, per tale ragione, erano stati collocati in ferie dal datore di lavoro.
Il Giudice, dopo aver rilevato l’elevato rischio di contagio dei ricorrenti impiegati in mansioni a contatto con “persone che accedono al loro luogo di lavoro” , ha affermato che la loro permanenza nei luoghi di lavoro “comporterebbe la violazione dell’art. 2087 c.c. il quale impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità psico-fisica dei suoi dipendenti”.
Secondo la decisione è ormai notorio che il vaccino per cui è causa “costituisce una misura idonea a tutelare l’integrità fisica degli individui a cui è somministrato, prevenendo l’evoluzione della malattia”.
Per tale ragione, nel caso di specie, l’esigenza del datore di lavoro di osservare il disposto di cui all’art. 2087 c.c. prevale anche sull’eventuale interesse del prestatore di lavoro di usufruire di un diverso periodo di ferie ai sensi dell’art. 2109 c.c.
Decreto Sostegni: proroga della deroga sulle causali dei contratti a termine
da adminLe disposizioni contenute nell’art. 17 del d.l. n. 41/2021 (c.d. Decreto Sostegni) sono dedicate alla proroga o rinnovo dei contratti a termine.
In particolare, ai sensi dell’art. 17, comma 1, cit., fino al 31 dicembre 2021, ferma restando la durata massima complessiva di ventiquattro mesi, è prevista la possibilità di rinnovare o prorogare per un periodo massimo di dodici mesi e per una sola volta i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.
Le disposizioni sopra indicate hanno efficacia a far data dall’entrata in vigore del decreto e nella loro applicazione non si tiene conto dei rinnovi e delle proroghe già intervenuti.
Protocolli anti-contagio, test e vaccini: un approfondimento della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro
da adminLa Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha pubblicato un approfondimento con il quale vengono esaminati i comportamenti che deve tenere il datore di lavoro per ridurre al minimo il rischio di contagio da Covid-19 nel luogo di lavoro.
In particolare, l’approfondimento riguarda temi quali i test sierologici o i tamponi molecolari, la gestione dei contagi e delle assenze dei lavoratori nei casi di isolamento, quarantena o “contatto stretto”.
Ampio spazio viene dedicato al tema, molto delicato e discusso, della vaccinazione dei dipendenti e di come comportarsi di fronte al rifiuto da parte del lavoratore.
Infine, sono esaminati i temi della privacy in relazione al trattamento dei dati su tamponi, dei test e dei vaccini nel contesto aziendale.
Contratto di espansione: i chiarimenti INPS
da adminCon la circolare n. 48 dello scorso 24 marzo l’INPS ha illustrato le disposizioni in materia di indennità mensile erogabile ai dipendenti di imprese che hanno stipulato un contratto di espansione, che risolvono il rapporto di lavoro e si trovano a non più di 60 mesi dalla prima decorrenza utile per la pensione di vecchiaia o per la pensione anticipata.
La circolare, in particolare, riporta i requisiti che deve contenere il contratto di espansione:
a) il numero dei lavoratori da assumere e i relativi profili professionali compatibili con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione;
b) la programmazione temporale delle assunzioni;
c) l’indicazione della durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro, compreso il contratto di apprendistato professionalizzante di cui all’articolo 44 del decreto legislativo n. 81/2015;
d) la riduzione complessiva media dell’orario di lavoro e il numero dei lavoratori interessati (a esclusione delle aziende con un organico tra 250 e 499 unità), relativamente alle professionalità in organico, nonché il numero dei lavoratori che possono accedere al trattamento di indennità mensile previsto dall’art. 41, comma 5-bis, d.lgs. n. 148/2015;
e) la stima, ai fini del monitoraggio delle risorse finanziarie, dei costi previsti a copertura del beneficio di cui al citato comma 5-bis dell’articolo 41 d.lgs. n. 148/2015, per l’intero periodo di spettanza teorica della NASpI al lavoratore.
L’Istituto precisa che l’accesso alla prestazione di cui al comma 5-bis è subordinato alla sottoscrizione di un accordo tra il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali aziendali e alla successiva adesione da parte del lavoratore.
La cessazione del rapporto di lavoro si configura pertanto come una risoluzione consensuale.
Il Decreto Sostegni: proroga del blocco dei licenziamenti e misure in tema di cassa integrazione
da adminÈ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 70 del 22 marzo 2020 il testo del decreto legge n. 41/2021 recante “misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da Covid-19” (c.d. Decreto Sostegni).
Il Decreto interviene al fine di potenziare gli strumenti di contrasto alla diffusione del contagio da Covid-19 e di contenere l’impatto sociale ed economico delle misure di prevenzione adottate.
Gli interventi previsti si articolano in 5 ambiti principali: 1. sostegno alle imprese e agli operatori del terzo settore; 2. lavoro e contrasto alla povertà; 3. salute e sicurezza; 4. sostegno agli enti territoriali; 5. ulteriori interventi settoriali.
Varie ed importanti sono le misure che interessano il diritto del lavoro, fra le quali primeggia la proroga del blocco dei licenziamenti e del particolare regime della Cassa integrazione, dovendo distinguersi fra due fattispecie.
A) L’art. 8 del Decreto prevede che i datori di lavoro privati che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 possono presentare, per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto, domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale di cui agli articoli 19 e 20 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 per una durata massima di tredici settimane nel periodo compreso tra il 1° aprile e il 30 giugno 2021. Per i trattamenti concessi non è dovuto alcun contributo addizionale.
In tale fattispecie, fino al 30 giugno 2021, resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 lu-glio 1991, n. 223 e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto. Fino alla medesima data di cui al primo periodo, resta, altresì, precluso al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.
B) Lo stesso art. 8 cit. prevede che i datori di lavoro privati che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 possono presentare, per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto, domanda per i trattamenti di assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga di cui agli articoli 19, 21, 22 e 22-quater del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 per una durata massima di ventotto settimane nel periodo tra il 1° aprile e il 31 dicembre 2021. Per i trattamenti concessi non è dovuto alcun contributo addizionale.
In tale fattispecie, dal 1° luglio al 31 ottobre 2021 ai datori di lavoro di cui ai commi 2 e 8 resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto. Ai medesimi soggetti di cui al primo periodo resta, altresì, preclusa indipendentemente dal numero dei dipendenti la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.
In entrambe le fattispecie le sospensioni e le preclusioni sopra descritte non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22. Sono altresì esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia di-sposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.
Covid-19: misure a sostegno dei lavoratori con figli minori
da adminÈ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 62 del 13 marzo 2021 il testo del decreto legge n. 30/2021 recante “misure urgenti per fronteggiare la diffusione del COVID -19 e interventi di sostegno per lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena” con importanti misure in tema di lavoro agile, congedi e bonus baby-sitting.