Il Garante della Privacy ha sanzionato l’Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Enna per l’utilizzo di un sistema di rilevazione delle presenze basato sul trattamento di dati biometrici dei dipendenti.
A seguito del rafforzamento delle garanzie previste dal Regolamento e dal Codice privacy, per installare questo tipo di sistemi è necessaria infatti una base normativa che sia proporzionata all’obiettivo perseguito e che fissi misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti degli interessati.
Nel caso della Asp di Enna la base normativa invocata era carente, non essendo stato adottato il regolamento attuativo della legge n. 56/2019 (poi abrogata) che doveva stabilire garanzie per circoscrivere gli ambiti di applicazione e regolare le principali modalità del trattamento.
L’istruttoria dell’Autorità, avviata a seguito di alcuni articoli di stampa, ha consentito di accertare che il sistema di rilevazione presenze dell’Asp di Enna acquisiva le impronte digitali dei dipendenti memorizzandole in forma crittografata sul badge di ciascun lavoratore.
L’Azienda, poi, verificava l’identità del dipendente mediante il confronto tra il modello biometrico di riferimento, memorizzato all’interno del badge, e l’impronta digitale presentata all’atto del rilevamento della presenza e trasmetteva il numero di matricola del dipendente, la data e l’ora della timbratura, al sistema di gestione delle presenze.
L’Autorità ha ritenuto, contrariamente a quanto sostenuto dall’Azienda sanitaria, che in questo modo si effettuava un trattamento di dati biometrici dei dipendenti (sia all’atto dell’emissione del badge, sia all’atto della verifica dell’impronta in occasione di ogni “timbratura” di ciascun dipendente,) in assenza di una idonea base giuridica. Né il consenso dei dipendenti, invocato dall’Asp quale fondamento del trattamento, può essere considerato valido, nel contesto lavorativo, a maggior ragione pubblico, per effetto dello squilibrio del rapporto tra dipendente e datore di lavoro
Inoltre la struttura sanitaria, pur avendo informato il personale e i sindacati della scelta organizzativa compiuta, non aveva fornito tutte le informazioni sul trattamento, come richiesto dal Regolamento europeo in materia di privacy.
Considerati tutti gli aspetti della vicenda, il Garante ha dichiarato illecito il trattamento dei dati biometrici e ha applicato all’Asp una sanzione di 30.000 euro. Ha inoltre disposto la cancellazione dei modelli biometrici memorizzati all’interno dei badge e chiesto all’Asp di far conoscere le iniziative che intende intraprendere per far cessare il trattamento dei dati biometrici dei dipendenti.
Vaccinazione dei dipendenti: le FAQ del Garante della Privacy
da adminIl Garante della Privacy ha pubblicato alcune risposte alle principali questioni che sono emerse negli ultimi mesi in tema di vaccinazioni anti Covid-19 e rapporto di lavoro, al fine di fornire indicazioni utili ad imprese, enti e amministrazioni pubbliche affinché possano applicare correttamente la disciplina sulla protezione dei dati personali nel contesto emergenziale, anche al fine di prevenire possibili trattamenti illeciti di dati personali e di evitare inutili costi di gestione o possibili effetti discriminatori.
Nelle FAQ si afferma che il datore di lavoro non può acquisire, neanche con il consenso del dipendente o tramite il medico competente, i nominativi del personale vaccinato o la copia delle certificazioni vaccinali.
Ciò, secondo quanto si legge nel documento, non è consentito dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro né dalle disposizioni sull’emergenza sanitaria.
Il consenso del dipendente non può costituire, in questi casi, una condizione di liceità del trattamento dei dati.
Il datore di lavoro può, invece, acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica redatti dal medico competente.
Il Garante sostiene inoltre che – in attesa di un intervento del legislatore nazionale che eventualmente imponga la vaccinazione anti Covid-19 quale condizione per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni – nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” durante il lavoro, come nel contesto sanitario, si applicano le disposizioni vigenti sulle “misure speciali di protezione” previste per tali ambienti lavorativi (art. 279 del d.lgs. n. 81/2008).
Anche in questi casi, ad avviso del Garante, solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario e il contesto lavorativo, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti.
Il datore di lavoro, in base a questa impostazione, deve quindi limitarsi ad attuare, sul piano organizzativo, le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità.
Positivi al Covid-19 a seguito del rifiuto del vaccino: malattia o infortunio?
da adminIl caso che pone diversi interrogativi e che potrà dare il via ad una serie di contenziosi, riguarda l’Ospedale San Martino di Genova, dove 15 infermieri che avevano rifiutato la vaccinazione anti-Covid19, sono risultati positivi al virus.
Il Direttore generale dell’ospedale ha inviato una lettera all’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro chiedendo se gli infermieri risultati positivi possano “essere considerati in malattia o addirittura dovranno essere considerati inidonei alla loro attività professionale” e soprattutto “quali provvedimenti devono essere adottati nei confronti del personale infermieristico che non ha aderito al piano vaccinale”.
Con la nota del 17 marzo 2020 e con la circolare n. 13 del 3 aprile 2020 l’INAIL ha chiarito che i contagi da Covid-19 di medici, di infermieri e di altri operatori di strutture sanitarie in genere, dipendenti del Servizio sanitario nazionale e, in generale, di qualsiasi altra Struttura sanitaria pubblica o privata assicurata con l’Istituto, avvenuti nell’ambiente di lavoro oppure per causa determinata dallo svolgimento dell’attività lavorativa, sono inquadrati nella categoria degli infortuni sul lavoro.
Tuttavia, il dubbio è se l’infortunio debba essere considerato tale quando il personale medico ha rifiutato una protezione vaccinale per la quale aveva sia il diritto che la priorità di somministrazione.
Impronte digitali dei dipendenti: limiti e sanzioni
da adminIl Garante della Privacy ha sanzionato l’Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Enna per l’utilizzo di un sistema di rilevazione delle presenze basato sul trattamento di dati biometrici dei dipendenti.
A seguito del rafforzamento delle garanzie previste dal Regolamento e dal Codice privacy, per installare questo tipo di sistemi è necessaria infatti una base normativa che sia proporzionata all’obiettivo perseguito e che fissi misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti degli interessati.
Nel caso della Asp di Enna la base normativa invocata era carente, non essendo stato adottato il regolamento attuativo della legge n. 56/2019 (poi abrogata) che doveva stabilire garanzie per circoscrivere gli ambiti di applicazione e regolare le principali modalità del trattamento.
L’istruttoria dell’Autorità, avviata a seguito di alcuni articoli di stampa, ha consentito di accertare che il sistema di rilevazione presenze dell’Asp di Enna acquisiva le impronte digitali dei dipendenti memorizzandole in forma crittografata sul badge di ciascun lavoratore.
L’Azienda, poi, verificava l’identità del dipendente mediante il confronto tra il modello biometrico di riferimento, memorizzato all’interno del badge, e l’impronta digitale presentata all’atto del rilevamento della presenza e trasmetteva il numero di matricola del dipendente, la data e l’ora della timbratura, al sistema di gestione delle presenze.
L’Autorità ha ritenuto, contrariamente a quanto sostenuto dall’Azienda sanitaria, che in questo modo si effettuava un trattamento di dati biometrici dei dipendenti (sia all’atto dell’emissione del badge, sia all’atto della verifica dell’impronta in occasione di ogni “timbratura” di ciascun dipendente,) in assenza di una idonea base giuridica. Né il consenso dei dipendenti, invocato dall’Asp quale fondamento del trattamento, può essere considerato valido, nel contesto lavorativo, a maggior ragione pubblico, per effetto dello squilibrio del rapporto tra dipendente e datore di lavoro
Inoltre la struttura sanitaria, pur avendo informato il personale e i sindacati della scelta organizzativa compiuta, non aveva fornito tutte le informazioni sul trattamento, come richiesto dal Regolamento europeo in materia di privacy.
Considerati tutti gli aspetti della vicenda, il Garante ha dichiarato illecito il trattamento dei dati biometrici e ha applicato all’Asp una sanzione di 30.000 euro. Ha inoltre disposto la cancellazione dei modelli biometrici memorizzati all’interno dei badge e chiesto all’Asp di far conoscere le iniziative che intende intraprendere per far cessare il trattamento dei dati biometrici dei dipendenti.
Il Fondo Nuove Competenze: il seminario del prossimo 1° marzo
da adminLunedì 1° marzo, dalle ore 15 alle ore 17, si terrà un seminario in videoconferenza dedicato all’analisi del Fondo Nuovo Competenze, istituito presso l’Anpal dal decreto legge “Rilancio” (d.l. n. 34/2020) per la formazione e la riqualificazione dei dipendenti in azienda, al fine di favorire l’innalzamento del capitale umano nel mercato del lavoro.
Durante l’evento, da me introdotto, interverranno il Dott. Vincenzo Silvestri (Presidente Fondazione Consulenti del Lavoro), il Dott. Raffaele Morese (Presidente Nuovi Lavori), il Dott. Antonio Tursilli (Direttore Associazione Nuovi Lavori) ed il Dott. Enrico Limardo (Direttore Fondazione Consulenti per il Lavoro).
Il termine per le iscrizioni scade il 26 febbraio.
Gli autisti di Uber: la decisione della Corte Suprema del Regno Unito
da adminCon la decisione del 19 febbraio 2021 la Corte Suprema del Regno Unito ha affermato che gli “autisti” che operano attraverso la piattaforma Uber sono lavoratori (“worker”) e non “contraenti indipendenti”.
In particolare, i Giudici hanno affermato che non vi è alcun elemento sostanziale per affermare che Uber London ha agito come agente per gli autisti (come, per esempio, nella prenotazione alberghiera tramite piattaforma che gestisce il servizio e il sistema di pagamento, trattenendo una “commissione di servizio”), come sostenuto dall’azienda.
Ad avviso della Corte gli autisti si trovavano in una posizione di dipendenza nei confronti di Uber, tale da avere scarsa o nessuna capacità di migliorare la loro posizione economica attraverso l’abilità professionale o imprenditoriale.
Rinunzie, transazioni e contenzioso giudiziario
da adminCon ordinanza n. 698 del 18 gennaio 2021, la Corte di Cassazione ha affermato che il lavoratore può legittimamente avanzare rivendicazioni economiche o previdenziali riferite all’arco temporale di un rapporto di lavoro non regolarizzato, ancorché siano intervenute ben due conciliazioni stragiudiziali.
In particolare, secondo le risultanze del giudice d’appello, la sottoscrizione della lavoratrice, in sede di tentativo di conciliazione, nella quale aveva affermato di aver svolto attività lavorativa in forma subordinata dal 22 luglio 1968, non implica la rinuncia ad ipotetici diritti riguardanti altri periodi non esplicitamente o implicitamente menzionati, cosicché non è configurabile una cosciente manifestazione della volontà abdicativa.
Confermando la tesi del giudice di merito, gli Ermellini hanno richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui i diritti ai quali si rinuncia in sede di tentativo di conciliazione stragiudiziale, della quale il prestatore deve avere piena coscienza, non escludono ulteriori pretese evincibili in sede giudiziaria.