Con la risposta a interpello n. 328 dell’11 maggio 2021 l’Agenzia delle Entrate è tornata a pronunciarsi sul tema dei rimborsi delle spese sostenute dai dipendenti in lavoro agile.
L’Agenzia ha chiarito che in sede di determinazione del reddito di lavoro dipendente, le spese sostenute dal lavoratore e rimborsate in modo forfetario sono escluse dalla base imponibile solo nell’ipotesi in cui il legislatore abbia previsto un criterio volto a determinarne la quota che, dovendosi ritenere riferibile all’uso nell’interesse del datore di lavoro, può essere esclusa dall’imposizione.
Qualora il legislatore non abbia provveduto ad indicare un criterio ai fini della determinazione della quota esclusa da imposizione, i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
Sulla base delle predette considerazioni, si ritiene che le somme rimborsate ai dipendenti che svolgono la loro attività lavorativa in “smart working” sulla base di un criterio forfetario, non supportato da elementi e parametri oggettivi, non possano essere escluse, in assenza di una precisa disposizione di legge al riguardo, dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
Al fine di non far concorrere il rimborso spese alla determinazione del reddito di lavoro dipendente occorrerebbe adottare un criterio analitico che permetta di determinare per ciascuna tipologia di spesa (quali ad esempio l’energia elettrica, la connessione internet, etc.), la quota di costi risparmiati dalla Società che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente, in maniera tale da poter considerare la stessa quota (in valore assoluto) di costi rimborsati a tutti i dipendenti riferibile a consumi sostenuti nell’interesse esclusivo del datore di lavoro.
INL: contratti di lavoro a termine e deroghe Covid
da adminCon la nota n. 762 del 12 maggio 2021 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito alcuni chiarimenti in ordine alla possibilità di procedere al rinnovo o alla proroga di contratti a termine relativi a lavoratori in forza presso aziende che fruiscono degli strumenti di integrazione salariale previsti dalla normativa emergenziale.
L’Ispettorato ha chiarito che l’art. 19-bis d.l. n. 18/2020 deve considerarsi attualmente in vigore quale norma interpretativa delle disposizioni che disciplinano l’erogazione degli ammortizzatori sociali in fase emergenziale, artt. da 19 a 22 del d.l. n. 18/2020, richiamate dalle successive norme che ne hanno nel tempo prorogato la fruizione.
In considerazione del richiamo alla normativa originaria di cui agli artt. 19 e ss del d.l. n. 18/2020 da parte delle norme successive, l’inciso “nei termini ivi indicati” contenuto nell’articolo 19 bis, è dunque da interpretare in senso “dinamico”, facendo riferimento alla platea dei lavoratori attualmente destinataria degli strumenti di integrazione salariale emergenziali, come da ultimo individuata dall’art. 8 del d.l. n. 41/2021 nei “lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Pertanto, in virtù delle predette disposizioni, si ritiene possibile rinnovare o prorogare contratti a termine anche per i lavoratori che accedono ai trattamenti di integrazione salariale, laddove gli stessi siano in forza alla data del 23 marzo 2021 (data di entrata in vigore del citato d.l.).
Lavoro agile e rimborsi spese
da adminCon la risposta a interpello n. 328 dell’11 maggio 2021 l’Agenzia delle Entrate è tornata a pronunciarsi sul tema dei rimborsi delle spese sostenute dai dipendenti in lavoro agile.
L’Agenzia ha chiarito che in sede di determinazione del reddito di lavoro dipendente, le spese sostenute dal lavoratore e rimborsate in modo forfetario sono escluse dalla base imponibile solo nell’ipotesi in cui il legislatore abbia previsto un criterio volto a determinarne la quota che, dovendosi ritenere riferibile all’uso nell’interesse del datore di lavoro, può essere esclusa dall’imposizione.
Qualora il legislatore non abbia provveduto ad indicare un criterio ai fini della determinazione della quota esclusa da imposizione, i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
Sulla base delle predette considerazioni, si ritiene che le somme rimborsate ai dipendenti che svolgono la loro attività lavorativa in “smart working” sulla base di un criterio forfetario, non supportato da elementi e parametri oggettivi, non possano essere escluse, in assenza di una precisa disposizione di legge al riguardo, dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
Al fine di non far concorrere il rimborso spese alla determinazione del reddito di lavoro dipendente occorrerebbe adottare un criterio analitico che permetta di determinare per ciascuna tipologia di spesa (quali ad esempio l’energia elettrica, la connessione internet, etc.), la quota di costi risparmiati dalla Società che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente, in maniera tale da poter considerare la stessa quota (in valore assoluto) di costi rimborsati a tutti i dipendenti riferibile a consumi sostenuti nell’interesse esclusivo del datore di lavoro.
Ribadita l’incostituzionalità del Jobs Act
da adminCon l’ordinanza n. 93 del 7 maggio 2021 la Corte Costituzionale ha ribadito l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del d.lgs. n. 23/2015, nella parte in cui ancorava il risarcimento previsto per il licenziamento affetto da vizi formali e procedurali unicamente all’anzianità di servizio.
Nel caso di specie, il Tribunale di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del d.lgs. n. 23/2015, rilevando che la disposizione in esame, nel prevedere un’indennità parametrata in maniera rigida e fissa all’anzianità di servizio, soprattutto quando l’anzianità di servizio è «assai modesta», si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 4, primo comma, e 35, primo comma, della Costituzione.
La Consulta ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale per sopravvenuta carenza di oggetto richiamando la sentenza n. 150/2020 con la quale aveva già dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2015, limitatamente alle parole «di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio».
Licenziamento disciplinare e gravità dell’infrazione
da adminCon la sentenza n. 11635 del 4 maggio 2021 la Corte di Cassazione ha ribadito che il giudizio espresso sulla gravità dell’infrazione del lavoratore disciplinarmente sanzionata, in quanto fondata su una norma di legge che si limita ad indicare un parametro generale di contenuto elastico, presuppone un’attività di interpretazione giuridica e non meramente fattuale della norma stessa, attraverso la quale si dà concretezza alla parte mobile della disposizione per adeguarla ad un determinato contesto storico-sociale.
Detto giudizio di valore svolge una funzione integrativa delle regole giuridiche e, quindi, è soggetto al controllo della Corte di legittimità perché le specificazioni del parametro normativo hanno natura giuridica e la loro disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge (Cfr. in relazione al licenziamento per giustificato motivo soggettivo Cass. 8 agosto 2011, n. 17093; in tema di licenziamento per giusta causa v. Cass. 17 gennaio 2017, n. 985 e Cass. 23 settembre 2016, n. 18715).
Licenziamento collettivo: il criterio dei carichi di famiglia
da adminCon la sentenza n. 10996 del 26 aprile 2021 la Corte di Cassazione ha affermato che il riferimento ai carichi di famiglia deve essere inteso in una nozione elastica, non limitata al profilo fiscale, e da applicare mediante lo scrutinio, da parte datoriale, di tutti gli elementi che possono concorrere a definire in senso sostanziale, gli oneri economici derivanti dal mantenimento di un familiare e gravanti sul singolo lavoratore.
La proroga del lavoro agile pandemico nelle pubbliche amministrazioni
da adminIn considerazione della proroga dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 103 del 30 aprile 2021 il testo del decreto legge 30 aprile 2021, n. 56 recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi.
Il decreto interviene al fine di posticipare alcuni termini di prossima scadenza e, per quanto qui interessa, interviene in tema di lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni.
Il decreto prevede che fino alla definizione della disciplina del lavoro agile da parte dei contratti collettivi, ove previsti e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, le amministrazioni pubbliche potranno continuare a ricorrere al lavoro agile secondo le modalità semplificate e a condizione che l’erogazione dei servizi rivolti a cittadini e imprese avvenga con regolarità, continuità ed efficienza e nel rigoroso rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente.
Da notare che viene meno nel testo dell’art. 263 cit. il rispetto della percentuale minima del 50% di ricorso al lavoro agile.