Cass. civ., sez. lav., sent. 14 maggio 2024, n. 13181
Fra il 31 dicembre 2014 e il 1° gennaio 2015 un cospicuo numero di addetti della Polizia Municipale di Roma, in ampia percentuale aderenti alle organizzazioni sindacali che stavano promuovendo una serie di vertenze nei confronti del datore, si astenevano dalla prestazione di lavoro esercitando il diritto a fruire di permessi personali o inviando certificati per l’assenza per malattia.
La Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali sanzionava le organizzazioni sindacali, ritenendo che dietro l’assenza di massa dei dipendenti si celasse un’astensione concertata dal lavoro promossa da tutte le sigle coinvolte, in violazione delle regole sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali.
La Cassazione, investita del ricorso contro le sanzioni promosso dalle organizzazioni sindacali, ha confermato il ragionamento della Corte di Appello e ha affermato che nell’ambito dei servizi pubblici essenziali costituisce sciopero, soggetto alla disciplina della l. 146/1990, l’astensione dal lavoro che si realizzi, a fini di rivendicazione collettiva, mediante presentazione di certificazioni mediche che, secondo l’accertamento del giudice del merito, risultino fittizie e finalizzate a giustificare solo formalmente la mancata presentazione al lavoro, senza reale fondamento in un sottostante stato patologico, ma in realtà siano da collegare ad uno stato di agitazione volto all’astensione collettiva dal lavoro, nella sostanza proclamato dalle OO.SS. in modo “occulto”.
Lo sciopero «mascherato» da astensione per malattia
da Admin2Cass. civ., sez. lav., sent. 14 maggio 2024, n. 13181
Fra il 31 dicembre 2014 e il 1° gennaio 2015 un cospicuo numero di addetti della Polizia Municipale di Roma, in ampia percentuale aderenti alle organizzazioni sindacali che stavano promuovendo una serie di vertenze nei confronti del datore, si astenevano dalla prestazione di lavoro esercitando il diritto a fruire di permessi personali o inviando certificati per l’assenza per malattia.
La Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali sanzionava le organizzazioni sindacali, ritenendo che dietro l’assenza di massa dei dipendenti si celasse un’astensione concertata dal lavoro promossa da tutte le sigle coinvolte, in violazione delle regole sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali.
La Cassazione, investita del ricorso contro le sanzioni promosso dalle organizzazioni sindacali, ha confermato il ragionamento della Corte di Appello e ha affermato che nell’ambito dei servizi pubblici essenziali costituisce sciopero, soggetto alla disciplina della l. 146/1990, l’astensione dal lavoro che si realizzi, a fini di rivendicazione collettiva, mediante presentazione di certificazioni mediche che, secondo l’accertamento del giudice del merito, risultino fittizie e finalizzate a giustificare solo formalmente la mancata presentazione al lavoro, senza reale fondamento in un sottostante stato patologico, ma in realtà siano da collegare ad uno stato di agitazione volto all’astensione collettiva dal lavoro, nella sostanza proclamato dalle OO.SS. in modo “occulto”.
Contratti di apprendistato e lavoro stagionale
da Admin2Ispettorato nazionale del lavoro, nota prot. 24 aprile 2024, n. 795
In tema di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (artt. 43 ss., d.lgs. 81/2015), con una recente nota l’INL precisa in che senso deve essere intesa la richiesta «coerenza» fra le attività lavorative oggetto del contratto di apprendistato e il titolo di studio da conseguire
Rispondendo ad un quesito di un Assessorato della Regione Emilia-Romagna, che chiedeva precisazioni in merito all’utilizzo di contratti di apprendistato di tale tipologia ai fini dello svolgimento di attività stagionali – evidentemente diverse da quelle oggetto del corso di studi o formazione frequentato – l’INL afferma che tale coerenza non comporta automaticamente l’impossibilità di svolgere l’apprendistato in un settore diverso da quello del percorso di istruzione, dal momento che anche in settori diversi lo studente può acquisire le «competenze organizzative, trasversali, umane e relazionali» che entrano a far parte del suo «bagaglio esperienziale» per lo sviluppo professionale.
Pertanto, in definitiva, la stessa sottoscrizione, da parte dell’istituzione formativa, del protocollo di cui all’art. 43, co. 6, d.lgs. 81/2015, che stabilisce il contenuto e la durata degli obblighi formativi del datore di lavoro, è ritenuta dall’INL di per sé idonea a garantire la coerenza del percorso formativo e l’utilità dell’apprendistato ai fini dello sviluppo formativo e professionale dello studente.
Percezione della NASpI e attività di lavoro autonomo
da Admin2Cass. civ., sez. lav., ord. 30 aprile 2024, n. 11543
Secondo la Cassazione, il percettore di NASpI deve dichiarare lo svolgimento di attività di lavoro autonomo anche se queste sono già avviate al momento della presentazione della domanda.
I giudici di merito avevano affermato il diritto del ricorrente alla corresponsione della NASpI che gli era stata negata dall’INPS sul presupposto che egli non aveva comunicato entro trenta giorni dalla data della domanda lo svolgimento di un’attività di lavoro autonomo e il relativo reddito percepito. I giudici, infatti, ritenevano che l’art. 10 del d.lgs. 22/2015, che impone a pena di decadenza dal trattamento la comunicazione dello svolgimento di attività di lavoro autonomo in costanza di percezione della NASpI, riguardi soltanto i casi in cui l’attività lavorativa autonoma è avviata – intrapresa, secondo il lessico della disposizione – successivamente alla concessione della prestazione previdenziale.
Al contrario secondo la Cassazione, che ha accolto il ricorso dell’ente previdenziale, la disposizione correla la decadenza dal trattamento all’omessa comunicazione della contemporaneità fra il godimento della NASpI e lo svolgimento di un’attività autonoma da cui possa derivare un reddito, a nulla rilevando il fatto che l’attività sia intrapresa prima o dopo l’inizio della percezione della prestazione: il caso dell’attività avviata in precedenza deve ritenersi implicitamente considerato dalla disposizione che, impiegando il verbo «intraprendere», minus dixit quam voluit.
Sulla domanda NASpI del lavoratore dello spettacolo che ha percepito l’IDIS
da Admin2INPS, messaggio 7 maggio 2024, n. 1733
Il d.lgs. 175/2023 ha introdotto l’Indennità di Discontinuità Lavoratori dello Spettacolo (IDIS), erogata in una sola soluzione ai lavoratori iscritti al relativo Fondo pensione in ragione delle giornate di contribuzione accreditate nell’anno precedente. Con il messaggio in oggetto, l’INPS chiarisce le modalità di gestione delle domande per la NASpI presentate dai lavoratori che hanno usufruito dell’IDIS, dal momento che le giornate di contribuzione fatte valere ai fini di quest’ultima prestazione non potranno valere anche per la NASpI.
Per questa ragione, l’Istituto precisa le modalità attraverso le quali effettuare lo scomputo delle giornate di lavoro già utilizzate, con la precisazione che dallo scomputo dovranno essere escluse quelle con contratti di lavoro autonomo, che possono valere solo per l’IDIS e non anche per la NASpI.
Il Festival del lavoro a Firenze
da Admin2Il prossimo 17 maggio parteciperò al Festival del lavoro che si svolgerà a Firenze e che quest’anno è dedicato a “Etica e sicurezza sul lavoro nell’era dell’AI”.
Il mio intervento affronterà il tema del Whistleblowing.
Parleremo di libertà di espressione del lavoratore e di rispetto della sfera privata nel quadro di una disciplina che è destinata a porre non pochi interrogativi su quell’intreccio fra potere e libertà che richiederà molta pazienza ricostruttiva.
Qui il link al programma completo del Festival con tanti interessanti temi.
L’azienda non può essere «sede protetta» per la conciliazione
da Admin2Cass. civ., sez. lav., ord. 15 aprile 2024, n. 10065
I locali aziendali, se il dipendente è assistito da un rappresentante sindacale, possono essere sede idonea per una conciliazione inoppugnabile ai sensi dell’art. 2113 c.c. Questa era la tesi sostenuta da una Società ricorrente in Cassazione contro la sentenza che aveva ritenuto invalida la conciliazione avente ad oggetto la riduzione della retribuzione al fine di conservazione dell’occupazione, come previsto dall’art. 2103 c.c., sesto comma, ma stipulata nella sede aziendale, pur con l’assistenza di un rappresentante sindacale. Quest’ultima circostanza, secondo la ricorrente, era sufficiente affinché la conciliazione risultasse sottoscritta «in sede sindacale» come previsto dall’art. 411 del Codice di procedura civile.
La Cassazione, tuttavia, ha confermato l’invalidità della conciliazione, sottolineando che gli artt. 410, 411, 412-ter e 412-quater c.p.c. non si limitano ad individuare gli organi dinanzi ai quali possono svolgersi le conciliazioni ma anche le sedi – intese come luoghi fisici – presso le quali possono avvenire. Pertanto, il riferimento alla «sede sindacale» di cui all’art. 411 c.p.c. non può consentire di annoverare la sede aziendale fra le sedi protette, anche se alla conciliazione è presente un rappresentante sindacale.