Cass. civ., sez. lav., 22 marzo 2016, n. 5592
La sentenza esamina l’orientamento secondo cui il dovere di collaborazione del lavoratore impone allo stesso di indicare quali posti di lavoro potrebbe ricoprire in alternativa, dimostrandone l’inconferenza: sul piano processuale, derivante dall’evidente disgiunzione dell’onere della prova che si avrebbe ritenendo il lavoratore onerato di indicare il posto alternativo e, sul piano logico, derivante dall’evidente difficoltà del lavoratore di conoscere l’organizzazione aziendale cui è estraneo.
I Giudici, dunque, confermano l’orientamento per cui “In materia di illegittimo licenziamento per giustificato motivo oggettivo, spetta al datore di lavoro l’allegazione e la prova dell’impossibilità di repechage del lavoratore licenziato, in quanto requisito del giustificato motivo di licenziamento, con esclusione di un onere di allegazione al riguardo del secondo, essendo contraria agli ordinari principi processuali una divaricazione tra i due suddetti oneri, entrambi spettanti alla parte deducente“.
Le agevolazioni fiscali per il premio di risultato
0 Commenti-da adminL’art. 1, commi 182-189, l. n. 208/2015 introduce un regime agevolato di natura fiscale per le somme corrisposte a titolo di premio di risultato e di partecipazione agli utili dell’impresa.
La disposizione assume le sembianze di uno strumento stabile di sostegno per la contrattazione di secondo livello.
Sul punto è recentemente intervenuta la Circolare della Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro n. 8/2016 con alcune importanti indicazioni sul campo di applicazione della nuova disciplina, sulle somme oggetto di agevolazione, sul metodo di calcolo e sulle complessive implicazioni fiscali.
L’onere della prova del repechage
0 Commenti-da adminCass. civ., sez. lav., 22 marzo 2016, n. 5592
La sentenza esamina l’orientamento secondo cui il dovere di collaborazione del lavoratore impone allo stesso di indicare quali posti di lavoro potrebbe ricoprire in alternativa, dimostrandone l’inconferenza: sul piano processuale, derivante dall’evidente disgiunzione dell’onere della prova che si avrebbe ritenendo il lavoratore onerato di indicare il posto alternativo e, sul piano logico, derivante dall’evidente difficoltà del lavoratore di conoscere l’organizzazione aziendale cui è estraneo.
I Giudici, dunque, confermano l’orientamento per cui “In materia di illegittimo licenziamento per giustificato motivo oggettivo, spetta al datore di lavoro l’allegazione e la prova dell’impossibilità di repechage del lavoratore licenziato, in quanto requisito del giustificato motivo di licenziamento, con esclusione di un onere di allegazione al riguardo del secondo, essendo contraria agli ordinari principi processuali una divaricazione tra i due suddetti oneri, entrambi spettanti alla parte deducente“.
Licenziamenti collettivi e criteri di scelta
0 Commenti-da adminI giudici della Suprema Corte, con sentenza del 3 febbraio 2016, n. 2113 si sono pronunciati in tema di criteri di scelta nella fattispecie di licenziamento collettivo rilevando che: a) per “anzianità” deve intendersi quella di servizio e b) per “carichi di famiglia” devono intendersi invece le persone effettivamente a carico del lavoratore, ancorché per esse non sussista il diritto agli assegni familiari.
Nella sentenza si legge: “in merito al criterio dell’anzianità, il riferimento all’anzianità di servizio è stato ritenuto corretto da questa Corte nelle pronunce n. 2046 del 2012 (ord.), n. 4685 del 1997 e n. 9169 del 2000, quest’ultima con riferimento all’analoga locuzione contenuta nell’art. 2 u.c. dell’Accordo interconfederale del 5 maggio 1965, ed a tale soluzione occorre dare continuità, per la ragionevolezza dell’opzione ermeneutica che privilegia la professionalità acquisita dal dipendente e la “fedeltà” all’azienda”.
Quanto invece ai carichi di famiglia i giudici proseguono affermando: “il criterio è stato copiato dal citato accordo interconfederale del 1965 (…) dal riferimento ai “carichi” e dalla necessità di tutelare maggiormente i lavoratori più onerati discende che la valutazione deve avere riguardo al fabbisogno economico determinato dalla situazione familiare e quindi alle persone effettivamente a carico del lavoratore, come comunicate al datore di lavoro, e non solo alla situazione che determina il diritto alla fruizione degli assegni familiari che può quindi risultare riduttiva”.
Ammortizzatori sociali in deroga
0 Commenti-da adminIn materia di ammortizzatori sociali in deroga, all’art. 1, comma 304 della Legge di Stabilità 2016 è previsto che al fine di favorire la transizione verso il riformato sistema degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, l’autorizzazione di spesa “è incrementata, per l’anno 2016, di 250 milioni di euro per essere destinata al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga di cui all’articolo 2, commi 64, 65 e 66, della legge 28 giugno 2012, n. 92”. Il comma 307 soggiunge che per l’anno 2016 è destinata una somma fino a 18 milioni di euro finalizzata al riconoscimento della cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca.
Il comma 308, con la soppressione delle parole “nel settore industriale” all’art. 1, comma 2, secondo periodo, d.lgs. n. 148/2015 prevede che il requisito dell’anzianità lavorativa effettiva di almeno 90 giorni richiesto per la concessione del trattamento di integrazione salariale non è necessario in caso di eventi oggettivamente non evitabili in tutti i settori e non solo nel settore industriale.
CCNL Gomma Plastica
0 Commenti-da adminIn data 10 dicembre 2015, la Federazione Gomma Plastica e l’Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici hanno sottoscritto, insieme con le organizzazioni sindacali Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uilte-Uil, l’ipotesi di accordo concernente il rinnovo del CCNL del settore Gomma Plastica.
Tra le novità si segnala: a) l’aumento medio di riferimento pari a 76 euro; b) l’assunzione con contratto a termine per sostituzione di lavoratori in congedo di maternità potrà prevedere un periodo di affiancamento di due mesi complessivi; c) la verifica annuale dei minimi rispetto agli eventuali scostamenti inflattivi; d) la rimodulazione del comporto nei rapporti a termine che diventa un quarto della durata del contratto, fino ad un massimo di sei mesi.
Sulla validità degli atti compiuti dai dirigenti “decaduti” dell’Agenzia delle Entrate
0 Commenti-da adminLa Corte di Cassazione, con tre sentenze – nn. 22800/15, 22803/15, 22810/15 – si è pronunciata sulla validità degli atti emessi dai dirigenti decaduti dell’Agenzia dell’Entrate per effetto di quanto disposto nella sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2015 (con la quale la Corte Costituzionale si è pronunciata sulle proroghe degli incarichi dirigenziali conferiti ai dipendenti dell’Agenzia delle Entrate dichiarando l’illegittimità dell’art. 8, comma 24 del d.l. n. 16/2012, dell’art. 1 comma 14 del d.l. n. 150/2013 e dell’art. 1, comma 8 del d.l. n. 192/2014). Con le sentenze n. 22800, n. 22803 e n. 22810 del 9 novembre 2015, i giudici della Suprema Corte hanno statuito che la delega di firma al funzionario incaricato non è di per sé causa di nullità dell’atto e per tale motivo gli atti da questi firmati non possono essere considerati tout court nulli.