Nel Consiglio dei Ministri n. 115 del 29 aprile 2016 sono stati approvati, con esame definitivo, due decreti del Presidente della Repubblica recanti approvazione dello statuto dell’Ispettorato del lavoro e dello Statuto dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro nonché il d.l. 59/2016 che reca disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione.
Si precisa che solo quest’ultimo è stato pubblicato e, dunque, è in vigore; al contrario, i primi due decreti sono in attesa di pubblicazione.
A) Lo Statuto dell’Ispettorato del lavoro, emanato in attuazione dell’articolo 2, comma 1, del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 149, prevede l’istituzione di una agenzia unica delle ispezioni del lavoro con il compito di svolgere le attività ispettive già esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dall’INPS e dall’INAIL.
La disciplina dell’ispettorato del lavoro è contenuta nel d. lgs. n. 149/2015 ed ha il compito di razionalizzare e semplificare l’attività ispettiva nonché di coordinare, sulla base di direttive emanate dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, la vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria.
L’Ispettorato, come previsto dall’articolo 1 dello schema di decreto, ha personalità giuridica di diritto pubblico, è dotato di autonomia organizzativa e contabile ed è sottoposto alla vigilanza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Lo Statuto individua i fini istituzionali dell’Ente, declina le competenze degli organi, definisce le modalità procedurali per il loro funzionamento e le procedure di svolgimento degli adempimenti contabili.
B) lo Statuto dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, emanato in attuazione dell’articolo 4, comma 18, del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 150, prevede l’istituzione di un’Agenzia nazionale con il compito di coordinare la rete dei servizi per le politiche attive del lavoro, attuando le linee di indirizzo triennali e gli obiettivi annuali in materia di politiche attive, nonché la specificazione dei livelli essenziali delle prestazioni da erogare su tutto il territorio nazionale così come stabiliti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
L’Agenzia, come previsto dall’articolo 1 dello schema di decreto, ha personalità giuridica di diritto pubblico, è dotata di autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, contabile e di bilancio ed è sottoposta alla vigilanza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Lo statuto individua i fini istituzionali dell’Ente, declina le competenze degli organi, definisce le modalità procedurali per il loro funzionamento e le procedure di svolgimento degli adempimenti contabili.
C) Il l. n. 59/2016, recante “Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione”, deliberato nel corso del Consiglio dei ministri n. 115, è stato promulgato dal Presidente della Repubblica e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 2016,
Il decreto in parola introduce molte disposizioni, dal contenuto assai eterogeneo, in materia processuale (art. 4 e 5), fallimentare (art. 6), bancaria (art. da 7 a 10) e tributaria (art. 11).
Viene, inoltre, istituito un «Registro delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure d’insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi», in attuazione all’art. 24 del Regolamento UE n. 848/2015, relativo alle procedure d’insolvenza.
Si segnala, infine, l’introduzione di due nuovi strumenti che hanno l’evidente finalità di accrescere le possibilità di accesso al credito per l’imprenditore:
– l’art. 1, introduce e disciplina il «Pegno mobiliare non possessorio»: gli imprenditori iscritti nel registro delle imprese possono costituire, con contratto scritto a pena di nullità, pegno su “beni mobili destinati all’esercizio dell’impresa, a esclusione dei beni mobili registrati”. Il pegno deve essere iscritto in un registro informatizzato costituito presso l’Agenzia delle entrate;
– l’art. 2 introduce nel testo unico bancario un nuovo art. 48-bis, rubricato “Finanziamento alle imprese garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato”, con cui viene prevista la possibilità per gli imprenditori di concludere, con una banca o altro istituto autorizzato, un contratto di finanziamento che, a garanzia dell’adempimento, trasferisce la titolarità di un diritto reale immobiliare all’istituto finanziatore.
Il trasferimento è sospensivamente condizionato all’inadempimento del debitore che si ha in caso di mancato pagamento per oltre sei mesi dalla scadenza di almeno tre rate, anche non consecutive ovvero anche di una sola rata qualora il rimborso abbia una cadenza superiore al mese.
D) Lo schema di decreto sul distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi
Nel Consiglio dei Ministri n. 112 del 15 aprile 2016 è stato approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo di attuazione della direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE che disciplina il distacco transfrontaliero.
La fattispecie del distacco transfrontaliero consiste nella prestazione di servizi da parte di un’impresa nel territorio di un altro stato membro attraverso i propri lavoratori posti a disposizione di un’altra impresa.
L’intervento mira a contrastare le c.d. pratiche di dumping sociale e cioè quei comportamenti delle imprese che localizzano la propria attività in aree in cui possono beneficiare di disposizioni meno restrittive in materia di lavoro o in cui il costo del lavoro è inferiore.
Lo schema di decreto legislativo individua una serie di elementi fattuali utili a verificare l’autenticità del distacco e sanziona, la illegittimità del distacco, con una sanzione amministrativa pecuniaria (€ 50 per ogni lavoratore utilizzato e per ogni giornata di utilizzo, con un minimo di € 5.000 e sino a un massimo di € 50.000 per ciascuna) e considerando il lavoratore distaccato a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.
Vengono, inoltre, disciplinate le condizioni di lavoro dei lavoratori distaccati in Italia, prevendo la parità di trattamento rispetto ai lavoratori italiani che prestano la stessa o analoga attività la responsabilità solidale dell’utilizzatore.
Sono previsti, infine, alcuni obblighi in capo alla distaccante.
Quest’ultima deve comunicare al Ministero del Lavoro il distacco almeno 24 ore prima dell’inizio dello stesso, indicando un serie di informazioni relative, tra l’altro, all’impresa distaccante, all’impresa distaccataria, all’identità ed al numero dei lavoratori distaccati e alla natura del contratto in base al quale viene effettuato il distacco; deve, altresì, designare un referente domiciliato in Italia, incaricato di inviare e ricevere gli atti e i documenti relativi al rapporto di distacco e munito dei poteri di rappresentanza per tenere i rapporti con le parti sociali interessate a promuovere la negoziazione collettiva di secondo livello; da ultimo, vi è l’obbligo di conservare una copia in lingua italiana del contratto e dei documenti contenenti le informazioni relative al rapporto di lavoro dei lavoratori distaccati, all’orario giornaliero e al pagamento delle retribuzioni.
Anche per la violazione degli obblighi ora indicati, sono previste sanzioni amministrative pecuniarie.
La Corte di Giustizia sul diritto alle ferie
0 Commenti-da adminCon la sentenza resa nella causa C-341/15 (Hans Maschek/Magistratsdirektion der Stadt Wien-Personalstelle Wiener Stadtwerke) la Corte di Giustizia risponde ad alcune questioni poste dal giudice del rinvio sull’articolo 7 della direttiva 2003/88 in materia di ferie annuali.
Nel caso di specie un dipendente pubblico della città di Vienna, era stato collocato a riposo su sua richiesta; in forza di un accordo concluso con il suo datore di lavoro si era previsto che il lavoratore, pur continuando a percepire lo stipendio, non fosse tenuto a presentarsi sul posto di lavoro nel periodo precedente il suo pensionamento.
Durante tale periodo il dipendente è stato in congedo per malattia; pertanto, dopo il suo pensionamento, chiedeva al proprio datore di lavoro il pagamento di un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute.
Il datore di lavoro ha respinto la domanda del dipendente, in quanto, ai sensi della normativa relativa alla retribuzione dei dipendenti pubblici della città di Vienna, un lavoratore che, di propria iniziativa, ponga fine al rapporto di lavoro – in particolare chiedendo di essere collocato a riposo – non ha diritto a una siffatta indennità.
Con la sentenza, depositata il 20 luglio 2016, la Corte rammenta che l’art. 7 della direttiva 2003/88 prevede che ogni lavoratore debba beneficiare di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane e che il diritto alle ferie annuali retribuite costituisce un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione che è conferito a ogni lavoratore, indipendentemente dal suo stato di salute.
Quando cessa il rapporto di lavoro e dunque la fruizione effettiva delle ferie annuali retribuite non è più possibile, la direttiva prevede che il lavoratore abbia diritto a un’indennità finanziaria per evitare che, a causa di tale impossibilità, egli non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria.
Dunque l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, come interpretato dalla Corte, “non assoggetta il diritto a un’indennità finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali a cui aveva diritto alla data in cui tale rapporto è cessato (sentenza del 12 giugno 2014, Bollacke, C‑118/13, EU:C:2014:1755, punto 23). […] Ne consegue, conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, che un lavoratore, che non sia stato posto in grado di usufruire di tutte le ferie retribuite prima della cessazione del suo rapporto di lavoro, ha diritto a un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute. A tal fine è privo di rilevanza il motivo per cui il rapporto di lavoro è cessato”.
Da tali premesse ne discende che, al fine di assicurare l’effetto utile di tale diritto alle ferie annuali, se il lavoratore è tenuto a non presentarsi a lavoro in forza di un accordo concluso con il suo datore di lavoro, non ha diritto all’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute durante tale periodo ma se il lavoratore non ha potuto usufruire delle ferie a causa di una malattia, quest’ultimo avrà diritto, conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, all’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute.
I primi correttivi al Jobs Act
0 Commenti-da adminIl Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti ha approvato in via preliminare un decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2016, n. 81, e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151, ai sensi dell’art. 1, comma 13, della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
Nello specifico, di seguito si dà conto delle modifiche apportate ai cinque decreti legislativi emanati in attuazione della legge delega n. 183 del 2014, cosiddetta Jobs Act.
Decreto legislativo n. 81 del 2015
Le modifiche apportate riguardano il lavoro accessorio (i cosiddetti voucher) e sono essenzialmente due:
Decreto legislativo n. 148 del 2015
Le modifiche apportate riguardano:
La trasformazione può riguardare i contratti di solidarietà difensivi in corso da almeno dodici mesi nonché quelli stipulati prima del 1° gennaio 2016, a prescindere dal fatto che siano in corso da dodici mesi o meno, e dovrà avvenire nelle forme previste per la stipula dei contratti di solidarietà espansivi.
La trasformazione non può prevedere una riduzione d’orario superiore a quella già concordata. Ai lavoratori spetta un trattamento di integrazione salariale di importo pari al 50% dell’integrazione salariale prevista prima della trasformazione del contratto e il datore di lavoro integra tale trattamento almeno sino alla misura dell’integrazione salariale originaria. L’integrazione a carico del datore di lavoro non è imponibile ai fini previdenziali e i lavoratori beneficiano dell’accredito contributivo figurativo.
Inoltre, si stabilisce che le quote di trattamento di fine rapporto relative alla retribuzione persa maturate durante il periodo di solidarietà restino a carico della gestione previdenziale di afferenza e che la contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro sia ridotta del 50%.
Decreti legislativi n. 149 e 150 del 2015
La modifica al decreto legislativo n. 149 del 2015 consente, almeno nella fase di avvio, l’allocazione della sede dell’Ispettorato presso un immobile in uso al Ministero del lavoro e delle politiche sociali seppure non di proprietà dello stesso. La modifica consente, inoltre, in prospettiva, all’Ispettorato di avere maggiori poteri decisionali in ordine alla allocazione della propria sede centrale.
Si prevede poi che l’ISFOL, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, cambi denominazione e assuma quella di Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (INAPP), maggiormente corrispondente ai compiti di monitoraggio e valutazione svolti dall’Istituto.
Sempre con riferimento all’ISFOL si sopprime il «ruolo ad esaurimento» previsto per i dipendenti ISFOL che transitano nei ruoli ANPAL, al fine di evitare che i lavoratori possano vedere pregiudicate le loro prospettive di carriera, in particolare la partecipazione alle procedure per ottenere un superiore inquadramento.
Con riferimento al decreto legislativo n. 150 del 2015 si prevede che l’ANPAL effettui la verifica dei residui passivi a valere sul fondo di rotazione di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto-legge n. 148 del 1993, relativi ad impegni assunti in data antecedente alla data di entrata in vigore del decreto correttivo. Con decreto interministeriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero e dell’economia e delle finanze, in seguito alle verifiche effettuate dall’ANPAL, verranno individuale le risorse da disimpegnare che nella misura del 50 per cento confluiscono in una gestione a stralcio per essere utilizzate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Si modificano in parte le funzioni attribuite all’ANPAL. Da un lato, si chiarisce quali sono i servizi per il lavoro che rientrano nelle competenze dell’ANPAL tramite il rinvio ai servizi e alle misure di politica attiva elencate nell’articolo 18 dello stesso decreto legislativo n. 150 del 2015, dall’altro, si aggiunge la competenza relativa al coordinamento dei programmi formativi destinati alle persone prive di impiego, ai fini della qualificazione e riqualificazione professionale, dell’autoimpiego e dell’immediato inserimento lavorativo, nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni e province autonome.
Si precisa che lo stato di disoccupazione è compatibile con lo svolgimento di rapporti di lavoro, autonomo o subordinato, dai quali il lavoratore ricava redditi di ammontare esiguo, tali da non superare la misura del reddito c.d. non imponibile (corrispondente ad un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917).
Infine, si modifica l’articolo 118 della legge n. 388 del 2000 al fine di prevede espressamente la possibilità per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali di revocare l’autorizzazione all’attivazione dei fondi interprofessionali per la formazione continua e di disporne il commissariamento qualora vengono meno i requisiti e le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione.
Decreto legislativo n. 151 del 2015
Vengono disposte le seguenti modifiche alla disciplina sul diritto al lavoro delle persone con disabilità:
La modifica all’articolo 4, comma 1, della legge 20 maggio 1970, n. 300 in materia di controlli a distanza è conseguente all’istituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro, le cui sedi territoriali subentrano nelle funzioni già esercitate dalle Direzioni territoriali del lavoro. In particolare, si chiarisce che, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali dell’Ispettorato, qualora non si raggiunga l’accordo sindacale, gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere installati, in alternativa, previa autorizzazione della sede territoriale o della sede centrale dell’Ispettorato.
In ogni caso, si chiarisce che i provvedimenti autorizzatori adottati dall’Ispettorato sono definitivi per cui non è possibile proporre contro gli stessi ricorso gerarchico. Ciò deriva dal fatto che i provvedimenti autorizzatori sono adottati tanto dalle sedi territoriali, quanto, a scelta delle imprese che hanno unità produttive dislocate in più ambiti territoriali, dalla sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Pertanto, mentre per i provvedimenti delle sedi territoriali, si potrebbe ipotizzare un ricorso alla sede centrale, nei confronti dei provvedimenti di quest’ultima non è possibile individuare un superiore gerarchico. Infatti, il rapporto che lega l’Ispettorato al Ministro del lavoro e delle politiche sociali si qualifica come rapporto di vigilanza e non gerarchico.
La modifica alla disciplina delle dimissioni ha lo scopo di chiarire che la procedura in materia di dimissioni e risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, così come la precedente procedura disciplinata dalla legge n. 92 del 2012, non trova applicazione nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. E ciò in considerazione del fatto che la ratio dell’intervento normativo di cui all’articolo 26 del decreto legislativo n. 151 del 2015 è principalmente quella di contrastare la pratica delle c.d. dimissioni in bianco, pratica che non risulta presente nell’ambito dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
licenziamento per inidoneità alle mansioni
0 Commenti-da adminCass., sez. lav., 26 aprile 2016, n. 8248 affronta l’ipotesi di licenziamento intimato al lavoratore sulla base della contestazione da parte del datore di lavoro di avere appreso in ritardo il riconoscimento dello status di invalido civile in capo al lavoratore, in quanto non vedente e sull’assunto che il riconoscimento di invalido civile in quanto non vedente lo rende inidoneo alle mansioni dedotte in contratto.
Secondo la Suprema Corte già il tenore della lettera “radica il convincimento che proprio la condizione di non vedente del lavoratore sia stata la ragione esclusiva del licenziamento intimatogli: tanto più che la stessa Corte aquilana ha contraddittoriamente rilevato che “la incapacità a rendere proficuamente la prestazione di lavoro è correlata non ad effettive disfunzioni rilevate nello svolgimento dei compiti di pertinenza del P. , posto che nessun fatto specifico gli viene rimproverato, ma alla sua condizione di invalidità… che non ha impedito però al P. , almeno fino a che è durato il rapporto, di svolgere le sue attività”.
La Corte di Cassazione sottolinea l’apoditticità delle conclusioni datoriali rilevando il difetto di prova che la condizione di carenza visiva avesse ostacolato la capacità del lavoratore di rendere proficuamente la prestazione e come l’inidoneità all’esecuzione della prestazione fosse sostenuta senza “alcun accertamento sanitario a norma dell’art. 5, ult. comma l. 300/1970”.
Pertanto, il licenziamento poteva essere ricondotto alle ipotesi previste dall’art. 15 della L. 300/1970 (licenziamento discriminatorio), ovvero, ai casi in cui il licenziamento viene intimato solo ed esclusivamente per ragioni di handicap.
In progress: novità dal Consiglio dei ministri
0 Commenti-da adminNel Consiglio dei Ministri n. 115 del 29 aprile 2016 sono stati approvati, con esame definitivo, due decreti del Presidente della Repubblica recanti approvazione dello statuto dell’Ispettorato del lavoro e dello Statuto dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro nonché il d.l. 59/2016 che reca disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione.
Si precisa che solo quest’ultimo è stato pubblicato e, dunque, è in vigore; al contrario, i primi due decreti sono in attesa di pubblicazione.
A) Lo Statuto dell’Ispettorato del lavoro, emanato in attuazione dell’articolo 2, comma 1, del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 149, prevede l’istituzione di una agenzia unica delle ispezioni del lavoro con il compito di svolgere le attività ispettive già esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dall’INPS e dall’INAIL.
La disciplina dell’ispettorato del lavoro è contenuta nel d. lgs. n. 149/2015 ed ha il compito di razionalizzare e semplificare l’attività ispettiva nonché di coordinare, sulla base di direttive emanate dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, la vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria.
L’Ispettorato, come previsto dall’articolo 1 dello schema di decreto, ha personalità giuridica di diritto pubblico, è dotato di autonomia organizzativa e contabile ed è sottoposto alla vigilanza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Lo Statuto individua i fini istituzionali dell’Ente, declina le competenze degli organi, definisce le modalità procedurali per il loro funzionamento e le procedure di svolgimento degli adempimenti contabili.
B) lo Statuto dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, emanato in attuazione dell’articolo 4, comma 18, del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 150, prevede l’istituzione di un’Agenzia nazionale con il compito di coordinare la rete dei servizi per le politiche attive del lavoro, attuando le linee di indirizzo triennali e gli obiettivi annuali in materia di politiche attive, nonché la specificazione dei livelli essenziali delle prestazioni da erogare su tutto il territorio nazionale così come stabiliti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
L’Agenzia, come previsto dall’articolo 1 dello schema di decreto, ha personalità giuridica di diritto pubblico, è dotata di autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, contabile e di bilancio ed è sottoposta alla vigilanza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Lo statuto individua i fini istituzionali dell’Ente, declina le competenze degli organi, definisce le modalità procedurali per il loro funzionamento e le procedure di svolgimento degli adempimenti contabili.
C) Il l. n. 59/2016, recante “Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione”, deliberato nel corso del Consiglio dei ministri n. 115, è stato promulgato dal Presidente della Repubblica e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 2016,
Il decreto in parola introduce molte disposizioni, dal contenuto assai eterogeneo, in materia processuale (art. 4 e 5), fallimentare (art. 6), bancaria (art. da 7 a 10) e tributaria (art. 11).
Viene, inoltre, istituito un «Registro delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure d’insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi», in attuazione all’art. 24 del Regolamento UE n. 848/2015, relativo alle procedure d’insolvenza.
Si segnala, infine, l’introduzione di due nuovi strumenti che hanno l’evidente finalità di accrescere le possibilità di accesso al credito per l’imprenditore:
– l’art. 1, introduce e disciplina il «Pegno mobiliare non possessorio»: gli imprenditori iscritti nel registro delle imprese possono costituire, con contratto scritto a pena di nullità, pegno su “beni mobili destinati all’esercizio dell’impresa, a esclusione dei beni mobili registrati”. Il pegno deve essere iscritto in un registro informatizzato costituito presso l’Agenzia delle entrate;
– l’art. 2 introduce nel testo unico bancario un nuovo art. 48-bis, rubricato “Finanziamento alle imprese garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato”, con cui viene prevista la possibilità per gli imprenditori di concludere, con una banca o altro istituto autorizzato, un contratto di finanziamento che, a garanzia dell’adempimento, trasferisce la titolarità di un diritto reale immobiliare all’istituto finanziatore.
Il trasferimento è sospensivamente condizionato all’inadempimento del debitore che si ha in caso di mancato pagamento per oltre sei mesi dalla scadenza di almeno tre rate, anche non consecutive ovvero anche di una sola rata qualora il rimborso abbia una cadenza superiore al mese.
D) Lo schema di decreto sul distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi
Nel Consiglio dei Ministri n. 112 del 15 aprile 2016 è stato approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo di attuazione della direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE che disciplina il distacco transfrontaliero.
La fattispecie del distacco transfrontaliero consiste nella prestazione di servizi da parte di un’impresa nel territorio di un altro stato membro attraverso i propri lavoratori posti a disposizione di un’altra impresa.
L’intervento mira a contrastare le c.d. pratiche di dumping sociale e cioè quei comportamenti delle imprese che localizzano la propria attività in aree in cui possono beneficiare di disposizioni meno restrittive in materia di lavoro o in cui il costo del lavoro è inferiore.
Lo schema di decreto legislativo individua una serie di elementi fattuali utili a verificare l’autenticità del distacco e sanziona, la illegittimità del distacco, con una sanzione amministrativa pecuniaria (€ 50 per ogni lavoratore utilizzato e per ogni giornata di utilizzo, con un minimo di € 5.000 e sino a un massimo di € 50.000 per ciascuna) e considerando il lavoratore distaccato a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.
Vengono, inoltre, disciplinate le condizioni di lavoro dei lavoratori distaccati in Italia, prevendo la parità di trattamento rispetto ai lavoratori italiani che prestano la stessa o analoga attività la responsabilità solidale dell’utilizzatore.
Sono previsti, infine, alcuni obblighi in capo alla distaccante.
Quest’ultima deve comunicare al Ministero del Lavoro il distacco almeno 24 ore prima dell’inizio dello stesso, indicando un serie di informazioni relative, tra l’altro, all’impresa distaccante, all’impresa distaccataria, all’identità ed al numero dei lavoratori distaccati e alla natura del contratto in base al quale viene effettuato il distacco; deve, altresì, designare un referente domiciliato in Italia, incaricato di inviare e ricevere gli atti e i documenti relativi al rapporto di distacco e munito dei poteri di rappresentanza per tenere i rapporti con le parti sociali interessate a promuovere la negoziazione collettiva di secondo livello; da ultimo, vi è l’obbligo di conservare una copia in lingua italiana del contratto e dei documenti contenenti le informazioni relative al rapporto di lavoro dei lavoratori distaccati, all’orario giornaliero e al pagamento delle retribuzioni.
Anche per la violazione degli obblighi ora indicati, sono previste sanzioni amministrative pecuniarie.
Il Regolamento UE sulla privacy
0 Commenti-da adminIl 4 maggio 2016 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il “Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)”.
Il Regolamento entrerà in vigore il 25 maggio 2016 ma sarà concretamente operativo dopo 24 mesi dall’entrata in vigore, a decorrere, dunque, dal 25 maggio 2018.
Trattandosi di regolamento, esso sarà immediatamente applicabile senza necessità di recepimento con atti nazionali e renderà la disciplina sulla protezione dei dati personali uniforme ed omogenea in tutta l’Unione Europea.
In Italia, il Regolamento sostituirà il “Codice Privacy” (d.lgs. 196/2003, in vigore dal 1° Gennaio 2004).
Tra le numerose novità si segnala, in particolare, l’art. 88 del Regolamento, disciplinante il trattamento dei dati nell’ambito dei rapporti di lavoro, che sulla base del considerando 155 prevede la possibilità per gli Stati membri di “prevedere, con legge o tramite contratti collettivi, norme più specifiche per assicurare la protezione dei diritti e delle libertà con riguardo al trattamento dei dati personali dei dipendenti nell’ambito dei rapporti di lavoro, in particolare per finalità di assunzione, esecuzione del contratto di lavoro, compreso l’adempimento degli obblighi stabiliti dalla legge o da contratti collettivi, di gestione, pianificazione e organizzazione del lavoro, parità e diversità sul posto di lavoro, salute e sicurezza sul lavoro, protezione della proprietà del datore di lavoro o del cliente e ai fini dell’esercizio e del godimento, individuale o collettivo, dei diritti e dei vantaggi connessi al lavoro, nonché per finalità di cessazione del rapporto di lavoro”.
Tali previsioni dovranno essere notificate dallo Stato membro alla Commissione entro il 25 maggio 2018.
Degno di nota è, inoltre, l’apparato risarcitorio e sanzionatorio predisposto dal regolamento in parola.
L’art. 82 del Regolamento, prevede il risarcimento del danno da parte del titolare del trattamento o dal responsabile del trattamento per “chiunque subisca un danno materiale o immateriale causato da una violazione del presente regolamento”.
La previsione è certamente applicabile anche nel rapporto di lavoro.
Il Regolamento precisa che il titolare “risponde per il danno cagionato dal suo trattamento che violi il presente regolamento”, mentre il responsabile “risponde per il danno causato dal trattamento solo se non ha adempiuto gli obblighi del presente regolamento specificatamente diretti ai responsabili del trattamento o ha agito in modo difforme o contrario rispetto alle legittime istruzioni del titolare del trattamento”.
L’art. 83, disciplinante le sanzioni amministrative, prevede un importo massimo applicabile dal Garante e, per le imprese, introduce un metodo di quantificazione alternativo parametrando la sanzione al fatturato mondiale annuo dell’esercizio precedente.
Il trattamento illecito delle impronte digitali
0 Commenti-da adminIl Garante della Privacy, con provvedimento n. 129 del 17 marzo 2016, ha ritenuto illecita l’attivazione da parte del datore di lavoro di un sistema biometrico basato sul trattamento di impronte digitali per la rilevazione delle presenze dei dipendenti.
Il Garante, in particolare, ha ritenuto che nella specie il datore di lavoro non aveva assolto l’obbligo di previa notificazione (art. 37 del Codice) e di preventiva richiesta di verifica preliminare (art. 17 del Codice).