Con la Circolare n. 28/E del 15 giugno 2016 l’Agenzia delle Entrate interviene per chiarire una serie di questioni concernenti il premio di risultato e il welfare aziendale.
Ricordiamo che l’art. 1 della l. n. 208/2015 ha introdotto un regime agevolato di natura fiscale per le somme corrisposte a titolo di premio di risultato e di partecipazione agli utili dell’impresa (commi 182 – 189) e potenzia il welfare aziendale attraverso tre modifiche dell’art. 51 del Tuir.
In attuazione della citata disposizione di legge è stato emanato il decreto ministeriale 25 marzo 2016 che è stato pubblicato in avviso sulla Gazzetta Ufficiale del 14 maggio 2016.
In tema di premi la disciplina agevolativa prevede la loro esclusione dal conteggio per la formazione del reddito ai fini del calcolo dell’ISEE, una tassazione agevolata al 10% ai fini Irpef dei premi di produttività fino a 2.000 euro lordi (2.500 nel caso di imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori) e un innalzamento del limite di reddito per il godimento degli stessi fino a 50.000 euro annui (comprendendo in questo modo anche quadri e impiegati).
Viene, inoltre, ampliato l’ambito applicativo del welfare aziendale, ovvero l’insieme di benefit concessi dall’azienda ai suoi dipendenti sotto forma di servizi e prestazioni, attraverso il superamento dell’aspetto della volontarietà ai fini della detassazione dei benefit per i dipendenti (adesso l’esenzione è applicabile per servizi previsti da contratti e regolamenti aziendali), attraverso l’estensione dei benefici a servizi educativi e d’istruzione anche nell’età prescolare (compresi i servizi di mensa ad essi afferenti), centri estivi o invernali (colonie climatiche) e ludoteche (a fini didattici) e attraverso l’introduzione dell’esenzione Irpef anche per servizi e prestazioni assistenziali nei confronti di familiari anziani o non autosufficienti.
La disposizioni assumono le sembianze di uno strumento stabile di sostegno per la contrattazione di secondo livello.
Il decreto ministeriale attuativo prevede (art. 5) il deposito, ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n. 151/2015, dei contratti collettivi aziendali o territoriali entro 30 giorni dalla relativa sottoscrizione; unitamente al deposito occorrerà allegare la dichiarazione di conformità dei contratti aziendali o territoriali alle disposizioni del decreto secondo un modello che viene allegato allo stesso decreto.
Decreto milleproroghe in G.U.
0 Commenti-da adminIn data 30 dicembre 2016 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il c.d. decreto milleproroghe 2017.
Il testo definitivo pubblicato in Gazzetta Ufficiale presenta alcuni elementi di diversitàrispetto alla versione precedente, pubblicata on line dalla Presidenza del Consiglio.
In primis, occorre rilevare che l’art. 1 del decreto, nella parte in cui dispone la proroga dei contratti a tempo determinato nel pubblico impiego, non include l’inciso “nel rispetto dei limiti europei”.
In secondo luogo, ènecessario rimarcare che, nel testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale, è stata espunta ogni previsione inerente al rinvio dei termini previsto per la riforma del settore delle società a partecipazione pubblica.
E’ venuta meno, in questo modo, la possibilitàdi dilatare i termini per la dismissione e per la riorganizzazione di tali società.
Occorrerà a questo punto monitorare la fase della conversione in legge del d.l.
Profili previdenziali della legge sulle unioni civili
0 Commenti-da adminMessaggio INPS n. 5171/2016 – regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze
Il messaggio INPS, emesso in data 21 dicembre 2016, riguarda la regolamentazione delle unioni civili e delle convivenze, con particolare riferimento alla legge n. 76/2016.
Secondo quanto affermato nel testo del messaggio, a decorrere dal 5 giugno 2016, ai fini del riconoscimento del diritto alle prestazioni prevenzionistiche e previdenziali – come la pensione ai superstiti, l’integrazione al trattamento minimo, la maggiorazione sociale, la successione iure proprio e la successione legittima – il componente dell’unione civile è equiparato al coniuge.
Inoltre, il messaggio opera un riferimento alla previsione di cui all’art. 1, commi 66 e ss., della legge n. 76/2016: tale disposizione prevede la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione delle disposizioni relative alle unioni civili, e richiede altresì la comunicazione da parte dell’INPS al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dei dati relativi agli oneri di natura previdenziale e assistenziale derivanti dall’attuazione della disposizione in esame, al fine di consentire il monitoraggio del Dicastero.
Sui contratti a termine nella p.a.: rimessione alla CGUE
0 Commenti-da adminSi segnala, per la sua particolare importanza, l’Ordinanza del Tribunale di Trapani emanata il 5 settembre scorso, che ha sollevato questione di pregiudizialità invitando la Corte di Giustizia dell’Unione europea a fornire le “precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua valutazione” menzionate nella sentenza emessa nel corso della causa C-22/2013 e cause riunite (Casa Mascolo), quindi, ai sensi dell’art. 267 TFUE, a pronunciarsi sui seguenti quesiti:
1) Se rappresenti misura Equivalente ed Effettiva, nel senso di cui alle pronunce della Corte di Giustizia Mascolo (C-22/13 e riunite) e Marrosu (C-53/04), l’attribuzione di una indennità compresa fra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione (art. 32 co. 5° L. 183/2010) al dipendente pubblico, vittima di un’abusiva reiterazione di contratti di lavoro a tempo determinato, con la possibilità per costui di conseguire l’integrale ristoro del danno solo provando la perdita di altre opportunità lavorative oppure provando che, se fosse stato bandito un regolare concorso, questo sarebbe stato vinto.
2) Se, il principio di Equivalenza menzionato dalla Corte di Giustizia (fra l’altro) nelle dette pronunce, vada inteso nel senso che, laddove lo Stato membro decida di non applicare al settore pubblico la conversione del rapporto li lavoro (riconosciuta nel settore privato), questi sia tenuto comunque a garantire al lavoratore la medesima utilità, eventualmente mediante un risarcimento del danno che abbia necessariamente ad oggetto il valore del posto di lavoro a tempo indeterminato.
Sul rispetto dei CCNL negli appalti pubblici
0 Commenti-da adminCon la nota n. 14775 del 26 luglio 2016, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nel richiamare l’attenzione del personale ispettivo sulla necessità di verificare il rispetto della contrattazione collettiva in relazione al personale impiegato nell’ambito di appalti pubblici, ha chiarito la rilevanza dei CCNL in tale ambito, anche alla luce dell’art. 30, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016 (disciplinante il nuovo codice dei contratti pubblici).
La nota, dopo aver ricordato che la verifica sul contratto applicato determina l’impossibilità di fruire di qualsiasi beneficio normativo e contributivo che l’ordinamento riserva ad alcuni datori di lavoro, compreso l’esonero contributivo previsto dalle Leggi di Stabilità 2015 e 2016 e assume rilevanza anche ai fini del calcolo della contribuzione obbligatoria (art. 1, comma 1, del D.L. n. 338/1989 e dell’art. 2, comma 25, della Legge n. 549/1995), rimarca che l’art. 30, comma 4, del d.lgs. 50/2016 prevede “inequivocabilmente l’applicazione del contratto leader in relazione al settore e alla zona in cui si eseguono le prestazioni” e cioè del contratto collettivo sottoscritto dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative per la categoria in cui opera l’impresa.
A conferma vengono richiamati ulteriori disposizioni tutte facenti riferimento al contratto leader come sopra individuato (il D.P.R. n. 207/2010 relativo agli obblighi in materia di lavoro da rispettare per l’esecutore, il subappaltatore; gli artt. 23, c. 16 e 97, d.lgs. n. 50/2016, in tema di determinazione del costo del lavoro, nella fase progettuale dell’appalto e nella fase di aggiudicazione; l’art. 7, comma 4, della l. n. 31/2008 in tema di trattamenti economico dei soci lavoratori delle imprese cooperative; l’art. 105, c. 9, d.lgs. n. 50/2016 in tema di responsabilità solidale).
L’Agenzia delle Entrate sul premio di risultato
0 Commenti-da adminCon la Circolare n. 28/E del 15 giugno 2016 l’Agenzia delle Entrate interviene per chiarire una serie di questioni concernenti il premio di risultato e il welfare aziendale.
Ricordiamo che l’art. 1 della l. n. 208/2015 ha introdotto un regime agevolato di natura fiscale per le somme corrisposte a titolo di premio di risultato e di partecipazione agli utili dell’impresa (commi 182 – 189) e potenzia il welfare aziendale attraverso tre modifiche dell’art. 51 del Tuir.
In attuazione della citata disposizione di legge è stato emanato il decreto ministeriale 25 marzo 2016 che è stato pubblicato in avviso sulla Gazzetta Ufficiale del 14 maggio 2016.
In tema di premi la disciplina agevolativa prevede la loro esclusione dal conteggio per la formazione del reddito ai fini del calcolo dell’ISEE, una tassazione agevolata al 10% ai fini Irpef dei premi di produttività fino a 2.000 euro lordi (2.500 nel caso di imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori) e un innalzamento del limite di reddito per il godimento degli stessi fino a 50.000 euro annui (comprendendo in questo modo anche quadri e impiegati).
Viene, inoltre, ampliato l’ambito applicativo del welfare aziendale, ovvero l’insieme di benefit concessi dall’azienda ai suoi dipendenti sotto forma di servizi e prestazioni, attraverso il superamento dell’aspetto della volontarietà ai fini della detassazione dei benefit per i dipendenti (adesso l’esenzione è applicabile per servizi previsti da contratti e regolamenti aziendali), attraverso l’estensione dei benefici a servizi educativi e d’istruzione anche nell’età prescolare (compresi i servizi di mensa ad essi afferenti), centri estivi o invernali (colonie climatiche) e ludoteche (a fini didattici) e attraverso l’introduzione dell’esenzione Irpef anche per servizi e prestazioni assistenziali nei confronti di familiari anziani o non autosufficienti.
La disposizioni assumono le sembianze di uno strumento stabile di sostegno per la contrattazione di secondo livello.
Il decreto ministeriale attuativo prevede (art. 5) il deposito, ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n. 151/2015, dei contratti collettivi aziendali o territoriali entro 30 giorni dalla relativa sottoscrizione; unitamente al deposito occorrerà allegare la dichiarazione di conformità dei contratti aziendali o territoriali alle disposizioni del decreto secondo un modello che viene allegato allo stesso decreto.
Novità sul fronte del licenziamento discriminatorio?
0 Commenti-da adminCass., sez. lav., 5 aprile 2016, n. 6575 interviene su un’ipotesi di licenziamento intimato nei confronti della lavoratrice che manifesta al datore di lavoro l’intenzione di assentarsi per un periodo di tempo allo scopo di sottoporsi a pratiche di inseminazione artificiale.
I Giudici di legittimità considerano il licenziamento nullo in quanto discriminatorio, confermando la sentenza d’appello.
Secondo quest’ultima, con il licenziamento veniva sanzionata una condotta legittima “che è esclusiva della donna”, ponendo in essere una discriminazione fondata sul sesso, in violazione dalla direttiva 76/207/CEE.
Secondo la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 28 febbraio 2008 (causa C. 506/06) “i lavoratori di entrambi i sessi possono avere un impedimento di carattere temporaneo ad effettuare il loro lavoro a causa dei trattamenti medici che debbano seguire. Tuttavia, gli interventi di cui trattasi nella causa principale, vale a dire un prelievo follicolare e il trasferimento nell’utero della donna degli ovuli prelevati immediatamente dopo la loro fecondazione, riguardano direttamente soltanto le donne. Ne consegue che il licenziamento di una lavoratrice a causa essenzialmente del fatto che essa si sottoponga a questa fase importante di un trattamento di fecondazione in vitro costituisce una discriminazione diretta fondata sul sesso”.
Applicando il principio al caso affrontato dalla sentenza, la Corte di Cassazione afferma che per identificare la natura discriminatoria del licenziamento intimato “rileva unicamente il rapporto di causalità tra il trattamento di fecondazione e l’atto di recesso e non anche la circostanza che l’intervento – con il conseguente impedimento al lavoro – sia stato già effettuato, sia in corso (come nella fattispecie scrutinata dalla Corte di Giustizia) ovvero, come nella fattispecie dì causa, sia stato semplicemente programmato”.