CORTE COSTITUZIONALE N. 78/2015, DEPOSITATA IL 13 MAGGIO 2015: LA CORTE SI PRONUNCIA SULLA QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DEGLI ARTT. 51, 1° COMMA, N. 4) COD. PROC. CIV. E 1, COMMA 51, L. N. 92 DEL 2012, SOLLEVATA DAL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 78 depositata lo scorso 13 maggio, ha ritenuto costituzionalmente legittima la previsione, contenuta nella legge n. 92 del 2012, circa la coincidenza, in materia di licenziamento, tra il giudice che ha emesso l’ordinanza che decide sul ricorso del lavoratore e quello avanti al quale presentare l’opposizione all’ordinanza stessa.
La Consulta osserva infatti che “il fatto che entrambe le fasi di detto unico grado possano essere svolte dallo stesso magistrato non confligge con il principio di terzietà del giudice e si rivela, invece, funzionale all’attuazione del principio del giusto processo, per il profilo della sua ragionevole durata. E ciò anche a vantaggio, soprattutto, del lavoratore, il quale, in virtù dell’effetto anticipatorio (potenzialmente idoneo ad acquisire anche carattere definitivo) dell’ordinanza che chiude la fase sommaria, può conseguire una immediata, o comunque più celere tutela dei propri diritti, mentre la successiva ed, eventuale, fase a cognizione piena è volta a garantire alle parti, che non restino soddisfatte della contenuto dell’ordinanza opposta, una pronuncia più pregnante”.
È dunque da ritenersi infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 51, comma 1, numero 4) cod. proc. civ. e 1, comma 51, della l. n. 92 del 2012, sollevata dal Tribunale di Milano, nella parte in cui non prevedono nell’ambito del rito speciale per i licenziamenti introdotto dalla Legge Fornero, l’obbligo di astensione per l’organo giudicante (persona fisica) investito del potere del giudizio di opposizione, pur trattandosi dello stesso giudice che, a conclusione della precedente fase sommaria, ha pronunciato l’ordinanza opposta.
Secondo la Corte, la fase dell’opposizione non costituisce un diverso grado di giudizio bensì solo la prosecuzione del giudizio di primo grado.
Con tale pronuncia, i Giudici costituzionali hanno dunque risolto la disputa che aveva dato luogo, in dottrina e in giurisprudenza, a letture della normativa assai contrastanti.
La Consulta ha pertanto avvalorato l’interpretazione che ritiene ammissibile l’attribuzione della cd. fase di opposizione del giudizio di impugnazione del licenziamento allo stesso magistrato che ha già conosciuto e deciso la prima fase di tale giudizio.
Secondo un articolato iter logico, i Giudici costituzionali sono quindi giunti a concludere che tali due fasi, la prima e quella di opposizione, costituiscano un unico grado di giudizio nell’ambito del quale, pertanto, la fase di opposizione non rappresenta un “grado d’impugnazione”.
Fondazione Giuseppe Pera
0 Commenti-da adminIl prossimo 26 giugno si terrà a Lucca un convegno sulle recenti riforme del mercato del lavoro.
Il convegno è promosso ed organizzato dalla Fondazione Giuseppe Pera.
RITO FORNERO: LA SENTENZA DELLA CONSULTA
0 Commenti-da adminCORTE COSTITUZIONALE N. 78/2015, DEPOSITATA IL 13 MAGGIO 2015: LA CORTE SI PRONUNCIA SULLA QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DEGLI ARTT. 51, 1° COMMA, N. 4) COD. PROC. CIV. E 1, COMMA 51, L. N. 92 DEL 2012, SOLLEVATA DAL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 78 depositata lo scorso 13 maggio, ha ritenuto costituzionalmente legittima la previsione, contenuta nella legge n. 92 del 2012, circa la coincidenza, in materia di licenziamento, tra il giudice che ha emesso l’ordinanza che decide sul ricorso del lavoratore e quello avanti al quale presentare l’opposizione all’ordinanza stessa.
La Consulta osserva infatti che “il fatto che entrambe le fasi di detto unico grado possano essere svolte dallo stesso magistrato non confligge con il principio di terzietà del giudice e si rivela, invece, funzionale all’attuazione del principio del giusto processo, per il profilo della sua ragionevole durata. E ciò anche a vantaggio, soprattutto, del lavoratore, il quale, in virtù dell’effetto anticipatorio (potenzialmente idoneo ad acquisire anche carattere definitivo) dell’ordinanza che chiude la fase sommaria, può conseguire una immediata, o comunque più celere tutela dei propri diritti, mentre la successiva ed, eventuale, fase a cognizione piena è volta a garantire alle parti, che non restino soddisfatte della contenuto dell’ordinanza opposta, una pronuncia più pregnante”.
È dunque da ritenersi infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 51, comma 1, numero 4) cod. proc. civ. e 1, comma 51, della l. n. 92 del 2012, sollevata dal Tribunale di Milano, nella parte in cui non prevedono nell’ambito del rito speciale per i licenziamenti introdotto dalla Legge Fornero, l’obbligo di astensione per l’organo giudicante (persona fisica) investito del potere del giudizio di opposizione, pur trattandosi dello stesso giudice che, a conclusione della precedente fase sommaria, ha pronunciato l’ordinanza opposta.
Secondo la Corte, la fase dell’opposizione non costituisce un diverso grado di giudizio bensì solo la prosecuzione del giudizio di primo grado.
Con tale pronuncia, i Giudici costituzionali hanno dunque risolto la disputa che aveva dato luogo, in dottrina e in giurisprudenza, a letture della normativa assai contrastanti.
La Consulta ha pertanto avvalorato l’interpretazione che ritiene ammissibile l’attribuzione della cd. fase di opposizione del giudizio di impugnazione del licenziamento allo stesso magistrato che ha già conosciuto e deciso la prima fase di tale giudizio.
Secondo un articolato iter logico, i Giudici costituzionali sono quindi giunti a concludere che tali due fasi, la prima e quella di opposizione, costituiscano un unico grado di giudizio nell’ambito del quale, pertanto, la fase di opposizione non rappresenta un “grado d’impugnazione”.
8 maggio 2015: un convegno a Livorno sul Jobs Act
0 Commenti-da adminLa Camera di Commercio di Livorno ha organizzato un convegno sul Jobs Act.
Sarà l’occasione per fare il punto sugli sviluppi del complesso mosaico riformatore di cui si compone il Jobs Act: si parlerà sia dei decreti legislativi nn. 22 e 23 del 2015 sia degli schemi di decreto legislativo in corso di definitiva approvazione.
Ecco la locandina:
ConvegnoLivornoCCIAA8maggio2015(1)
Rassegna stampa 19.1.15 convegno Jobs Act
0 Commenti-da adminEcco una nuova rassegna stampa sul convegno del 17 gennaio scorso alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
rassegna_19012015_corso_jobsact_corrieresera
rassegna_17012015_convegno_jobsact_lanci_ansa
rassegna_19012015_valeria_fedeli_convegno_jobsact
Contratti di solidarietà: una nuova circolare
0 Commenti-da adminCircolare del Ministero del Lavoro n. 26 del 7 novembre 2014
Il Ministero del Lavoro delinea indicazioni operative specifiche precisazioni, sulla procedura di concessione ed erogazione del contributo di solidarietà (artt. 5 e 8, del decreto legge n. 148/1993, convertito con modificazioni, dalla legge n. 236/1993 e successive modifiche e integrazioni). Continua a leggere
Le ferie dei dirigenti
0 Commenti-da adminCass., sez. lav., 26 gennaio 2017, n. 2000 – L’indennizzabilità delle ferie per i dirigenti
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2000/2017, rammenta un principio giurisprudenziale consolidato: solo il dirigente titolare del potere di attribuirsi il periodo di ferie, senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, non ha diritto all’indennità sostitutiva nel caso in cui non fruisca dello periodo di riposo.
Nel caso di specie, i ricorrenti erano dirigenti medici di primo livello, e non avevano il potere di programmarsi le ferie e di attribuirsene il godimento; essi operavano in un’azienda ospedaliera e hanno chiesto che venisse loro riconosciuta l’indennità sostitutiva delle ferie.
D’altro canto, il CCNL applicato ai rapporti di tali dirigenti prevedeva che la monetizzazione dei periodi di riposo fosse disposta solo nel caso in cui questi ultimi non possano essere goduti a causa di esigenze di servizio o per cause indipendenti dalla volontà del dirigente.
Tuttavia, ai dirigenti medici di primo livello si applica il principio generale, secondo cui il lavoratore che agisca in giudizio per chiedere la corresponsione dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute ha soltanto l’onere di provare l’avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati; “non si applica, invece, il principio secondo cui il dirigente che sia titolare del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, ove non eserciti detto potere e non fruisca, quindi, del periodo di riposo, non ha diritto all’indennità sostituiva, a meno che non provi la ricorrenza di necessità aziendali assolutamente eccezionali e obiettive, ostative alla suddetta fruizione”.