Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la nota n. 11241 del 1° giugno 2016 (1), risponde ad un quesito in merito al provvedimento di prescrizione da impartire quando, nel corso di ispezioni, si accerti l’installazione e l’impiego illecito di impianti audiovisivi per finalità di controllo a distanza dei lavoratori in orario di lavoro.
Il Ministero, dopo aver ricordato che la modifica dell’art. 4, c. 1, della legge n. 300/1970, ad opera dell’art. 23, co. 1, del d.lgs. n. 151/2015, prevede, anche nella sua nuova formulazione, che l’installazione di un impianto di videosorveglianza non possa avvenire antecedentemente a (e quindi in assenza di) uno specifico accordo con le organizzazioni sindacali o, in mancanza di esso, alla intervenuta autorizzazione rilasciata da parte della Direzione del Lavoro territorialmente competente, ricorda che la violazione della previsione dell’art. 4 non è esclusa dalla circostanza che le apparecchiature siano solo installate ma non ancora funzionanti, né dall’eventuale preavviso dato ai lavoratori, né infine dal fatto che il controllo sia discontinuo perché esercitato in locali dove i lavoratori possono trovarsi solo saltuariamente.
La condotta criminosa, continua la nota, è rappresentata dalla mera installazione non autorizzata dell’impianto, a prescindere dal suo effettivo utilizzo e la stessa Autorità Garante della Privacy ha ribadito più volte che non è legittimo provvedere all’installazione di un impianto di video-sorveglianza senza che sia intervenuto il relativo accordo con le rappresentanze sindacali o, in subordine, senza l’autorizzazione rilasciata dalla Direzione Territoriale del Lavoro.
Pertanto, qualora nel corso dell’attività ispettiva, l’ispettore riscontri l’installazione di impianti audiovisivi in assenza di uno specifico accordo con le organizzazioni sindacali ovvero in assenza dell’autorizzazione rilasciata da parte della Direzione del Lavoro territorialmente competente, deve impartire una prescrizione, ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n. 758/1994, al fine di porre rimedio all’irregolarità riscontrata mediante l’immediata cessazione della condotta libera illecita e la rimozione materiale degli impianti audiovisivi, essendo tale adempimento l’unico idoneo ad “eliminare la contravvenzione accertata”.
Per eliminare la contravvenzione accertata, l’organo di vigilanza, nel verbale di prescrizione, deve fissare per la regolarizzazione un termine congruo ma non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario.
Secondo il Ministero, infine, qualora nel periodo di tempo fissato dall’organo di vigilanza venga siglato l’accordo sindacale ovvero venga rilasciata l’autorizzazione della competente Direzione Territoriale del Lavoro, venendo meno i presupposti oggettivi dell’illecito, l’ispettore può ammettere “il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilità per la contravvenzione commessa” (art. 21 d.lgs. n. 758/1994).
1.1.2017: novità per le assunzioni dei disabili
0 Commenti-da adminAssunzioni obbligatorie di lavoratori disabili: cosa cambia dal 1° gennaio 2017
A far data dal 1° gennaio 2017, il comma 2 dell’art. 3 della l. n. 68/1999 è abrogato, così come previsto dal d.lgs. n. 151/2015; per tale motivo, i datori di lavoro privati che occupano, alle proprie dipendenze, da 15 a 35 lavoratori, sono obbligati a rispettare la quota obbligatoria, anche in assenza di nuove assunzioni.
Si ricorda che le medesime disposizioni si applicano a datori di lavoro pubblici e privati, nonché a partiti politici, organizzazioni sindacali e a organizzazioni non lucrative.
Sul piano operativo, quindi, sarà necessario, per i datori di lavoro che si trovino nella fascia da 15 a 35 dipendenti, procedere all’assunzione di un lavoratore disabile; questi ultimi dovranno presentare la relativa richiesta agli uffici competenti entro sessanta giorni, computati a partire dal 1° gennaio 2017.
In virtù di quanto previsto dall’art. 4, comma 3-bis, della l. n. 68/1999, il datore di lavoro che dovesse già avere, alle proprie dipendenze, un lavoratore disabile con riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al sessanta per cento, può computare quest’ultimo nella quota di riserva, anche se non assunto tramite il collocamento obbligatorio.
A tale proposito, si ritiene altresìopportuno ricordare che il d.lgs. n. 185/2016 ha elevato gli importi sanzionatori in caso di mancata assunzione di disabili; decorsi i sessanta giorni dalla data dell’insorgenza dell’obbligo, per ogni giorno lavorativo durante il quale non risulti coperta la quota obbligatoria – per cause imputabili al datore di lavoro – è prevista una sanzione pecuniaria pari a cinque volte la misura del contributo esonerativo di cui all’art. 5, comma 3 bis, della l. n. 68/1999, da versare al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili per ciascun lavoratore disabile non occupato.
Ancora sui confini del trasferimento d’azienda
0 Commenti-da adminCass., sez. lav., 6 dicembre 2016, n. 24972 – trasferimento di azienda
La sentenza n. 24972/2016 della Corte di Cassazione rammenta che, al fine di integrare la fattispecie del trasferimento di azienda, occorre che sia trasferito non soltanto il personale, ma anche un complesso di beni.
Dopo questa ovvia affermazione la Corte, che si occupa anche del sempre più complesso intreccio fra appalto e trasferimento d’azienda, precisa che un’azienda può comprendere anche beni immateriali; tuttavia è ben difficile che possa identificarsi con questi ultimi. La stessa nozione di azienda di cui all’art. 2555 cod. civ. evoca pur sempre la necessaria presenza di beni materiali organizzati tra loro, in funzione dell’esercizio dell’impresa.
Tale organizzazione, di fatto, è impraticabile nel caso di strutture fisiche di trascurabile entità o mancanti del tutto, poiché organizzare significa coordinare tra loro i vari fattori produttivi – capitale, beni materiali e lavoro – e non uno solo.
È innegabile che la giurisprudenza abbia sperimentato la massima dilatazione possibile della nozione di trasferimento di azienda, estendendola anche alla cessione che aveva ad oggetto un gruppo di dipendenti; tuttavia giova rimarcare che è necessario che i dipendenti siano stabilmente coordinati ed organizzati tra loro, e che la loro autonoma capacità operativa sia assicurata dalla circostanza che essi siano dotati di un particolare know-how.
IL CCNL del settore Legno Arredo
0 Commenti-da adminIn data 13 dicembre 2016, è stato raggiunto un accordo tra FederlegnoArredo e Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea Cgil per il rinnovo del contratto collettivo nazionale per i dipendenti delle aziende operanti nei settori legno, sughero, mobile ed arredamento, boschivi e forestali.
Tale accordo è valido per il triennio che si estende dal 1° aprile 2016 al 31 marzo 2019.
Per quanto concerne l’aspetto dell’aumento retributivo, tale CCNL configura una sorta di “doppio binario”: a partire dal 2018, il calcolo degli aumenti dei minimi salariali non verrà più svolto sulla base delle previsioni inflattive, bensì a consuntivo, su indici predefiniti e identificabili con certezza.
L’accordo prevede altresì, in materia di previdenza complementare, un incremento dei versamenti destinati al fondo Arco; a partire dal 1° gennaio 2019, le aliquote a carico del datore di lavoro aumenteranno dello 0,30% rispetto a quelle previste per il 2016.
Inoltre, significativo è l’art. 57-bis, sull’assistenza sanitaria integrativa, il quale prevede che la quota a carico delle imprese dovrà essere pari a 13 euro per 12 mensilità, a decorrere dal 1° gennaio 2017 e, successivamente, la contribuzione aumenterà fino a 15 euro per 12 mensilità, con decorrenza dal 1°gennaio 2018.
Occorre anche ricordare la possibilità per il datore di lavoro, prevista dall’art. 19 del CCNL, di disporre di orari settimanali di lavoro in regime di flessibilità per l’anno solare. Ai periodi di maggiore/minore intensità produttiva dovranno corrispondere equivalenti riposi di conguaglio o recuperi di prestazione. Al fine dell’attivazione degli orari settimanali di lavoro in regime di flessibilità, il datore di lavoro deve dare comunicazione preventiva alle R.S.U., informandole delle esigenze legate a tale scelta di mutamento dell’orario, sia nel caso dell’aumento che in quello della diminuzione.
I controlli difensivi secondo il vecchio art. 4 stat. lav.
0 Commenti-da adminCass., sez. lav., 8 novembre 2016 n. 22662– il licenziamento per giusta causa e i controlli difensivi nel previgente testo dell’ art. 4 St. lav.
La Corte di Appello aveva dichiarato illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato a una lavoratrice; quest’ultima era stata ripresa da una telecamera mentre sfilava una busta contenente denaro dalla cassaforte aziendale.
L’esito di quest’ultima sentenza, tuttavia, è stato rovesciato dal giudizio della Corte di Cassazione.
Interpretando il testo dell’art. 4 Stat. lav. vigente all’epoca dei fatti, la Corte ha dichiarato l’insussistenza della violazione di tale disposizione statutaria, pur in mancanza dell’accordo con le rappresentanze sindacali, se dall’uso degli impianti di videosorveglianza non deriva “anche la possibilità di controllo a distanza dei lavoratori “(art. 4 St. lav., comma 2, testo in G.U.).
Occorre precisare che tale decisione riguarda soltanto i cd. controlli difensivi, ossia quei controlli che non sono volti a verificare l’esatto adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro, bensì a tutelare i beni del patrimonio aziendale e a prevenire la perpetrazione di comportamenti illeciti.
Videosorveglianza: profili sanzionatori
0 Commenti-da adminIl Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la nota n. 11241 del 1° giugno 2016 (1), risponde ad un quesito in merito al provvedimento di prescrizione da impartire quando, nel corso di ispezioni, si accerti l’installazione e l’impiego illecito di impianti audiovisivi per finalità di controllo a distanza dei lavoratori in orario di lavoro.
Il Ministero, dopo aver ricordato che la modifica dell’art. 4, c. 1, della legge n. 300/1970, ad opera dell’art. 23, co. 1, del d.lgs. n. 151/2015, prevede, anche nella sua nuova formulazione, che l’installazione di un impianto di videosorveglianza non possa avvenire antecedentemente a (e quindi in assenza di) uno specifico accordo con le organizzazioni sindacali o, in mancanza di esso, alla intervenuta autorizzazione rilasciata da parte della Direzione del Lavoro territorialmente competente, ricorda che la violazione della previsione dell’art. 4 non è esclusa dalla circostanza che le apparecchiature siano solo installate ma non ancora funzionanti, né dall’eventuale preavviso dato ai lavoratori, né infine dal fatto che il controllo sia discontinuo perché esercitato in locali dove i lavoratori possono trovarsi solo saltuariamente.
La condotta criminosa, continua la nota, è rappresentata dalla mera installazione non autorizzata dell’impianto, a prescindere dal suo effettivo utilizzo e la stessa Autorità Garante della Privacy ha ribadito più volte che non è legittimo provvedere all’installazione di un impianto di video-sorveglianza senza che sia intervenuto il relativo accordo con le rappresentanze sindacali o, in subordine, senza l’autorizzazione rilasciata dalla Direzione Territoriale del Lavoro.
Pertanto, qualora nel corso dell’attività ispettiva, l’ispettore riscontri l’installazione di impianti audiovisivi in assenza di uno specifico accordo con le organizzazioni sindacali ovvero in assenza dell’autorizzazione rilasciata da parte della Direzione del Lavoro territorialmente competente, deve impartire una prescrizione, ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n. 758/1994, al fine di porre rimedio all’irregolarità riscontrata mediante l’immediata cessazione della condotta libera illecita e la rimozione materiale degli impianti audiovisivi, essendo tale adempimento l’unico idoneo ad “eliminare la contravvenzione accertata”.
Per eliminare la contravvenzione accertata, l’organo di vigilanza, nel verbale di prescrizione, deve fissare per la regolarizzazione un termine congruo ma non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario.
Secondo il Ministero, infine, qualora nel periodo di tempo fissato dall’organo di vigilanza venga siglato l’accordo sindacale ovvero venga rilasciata l’autorizzazione della competente Direzione Territoriale del Lavoro, venendo meno i presupposti oggettivi dell’illecito, l’ispettore può ammettere “il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilità per la contravvenzione commessa” (art. 21 d.lgs. n. 758/1994).
Licenziamento per giusta causa ed esecuzione di ordini
0 Commenti-da adminCon la sentenza n. 13149 del 24 giugno 2016 la Corte di cassazione esamina l’ipotesi di licenziamento di una lavoratrice per giusta causa, per aver la stessa eseguito materialmente ordini provenienti dal suo responsabile gerarchico atti a realizzare un’operazione truffaldina.
La Corte d’appello di Torino, ricostruita la situazione ambientale in cui erano maturate le condotte ascritte alla lavoratrice, osservava che la dipendente era una mera esecutrice materiale degli ordini, mentre la responsabilità dell’operazione andava ascritta al responsabile della struttura, pertanto visti i condizionamenti ambientali in cui ella operava, non poteva usarsi lo stesso metro sanzionatorio nei confronti di chi aveva espresso l’ordine e di chi lo aveva eseguito.
Per il Giudice di legittimità, invece, “la condotta di un dipendente che esegua ordini provenienti dal responsabile gerarchico, che integrino violazioni dolose di leggi e doveri d’ufficio, ponendosi in una posizione di acritica obbedienza, non può essere valutato quale mero errore frutto di leggerezza né tale condotta può essere giustificata dal condizionamento ambientale in cui il dipendente si trovava ad operare. Le gravi e reiterate violazioni di legge sono invece idonee ad integrare un’insanabile rottura del vincolo fiduciario e costituiscono giusta causa di licenziamento poiché contrarie al disposto dell’art. 2104 c.c. che, nel prescrivere che il prestatore di lavoro debba osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del rapporto impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende, obbliga lo stesso prestatore ad usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale”.