È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 169 del 21 luglio 2016 il d.lgs. n. 136 del 17 luglio 2016, di attuazione della direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE che disciplina il distacco transfrontaliero e modifica il regolamento UE n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa tra gli Stati membri.
Il suddetto decreto si applica, dunque, alle imprese e alle agenzia di somministrazione stabilite in un altro Stato membro che, nell’ambito di una prestazione di servizi, distaccano in Italia uno o più lavoratori in favore di un’altra impresa (anche appartenente allo stesso gruppo) o di un’altra unità produttiva o di un altro destinatario.
Venendo alle disposizioni di particolare rilevanza, all’art. 3 sono individuati gli elementi da valutare per l’accertamento della genuinità del distacco; in particolare al comma 2 vengono indicati gli elementi principali cui vanno uniti quelli indicati al successivo comma 3.
Vediamo dunque i suddetti elementi:
- il luogo in cui l’impresa ha la propria sede legale e amministrativa, i propri uffici, reparti o unità produttive;
- il luogo in cui l’impresa è registrata alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o, ove sia richiesto in ragione dell’attività svolta, ad un albo professionale;
- il luogo in cui i lavoratori sono assunti e quello da cui sono distaccati;
- la disciplina applicabile ai contratti conclusi dall’impresa distaccante con i suoi clienti e con i suoi lavoratori;
- il luogo in cui l’impresa esercita la propria attività economica principale e in cui risulta occupato il suo personale amministrativo;
- il numero dei contratti eseguiti o l’ammontare del fatturato realizzato dall’impresa nello Stato membro di stabilimento, tenendo conto della specificità delle piccole e medie imprese e di quelle di nuova costituzione;
- il contenuto, la natura e le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa e la retribuzione del lavoratore;
- la circostanza che il lavoratore eserciti abitualmente, ai sensi del regolamento (CE) n. 593/2008 (Roma I), la propria attività nello Stato membro da cui è stato distaccato;
- la temporaneità dell’attività lavorativa svolta in Italia;
- la data di inizio del distacco;
- la circostanza che il lavoratore sia tornato o si preveda che torni a prestare la sua attività nello Stato membro da cui è stato distaccato;
- la circostanza che il datore di lavoro che distacca il lavoratore provveda alle spese di viaggio, vitto o alloggio e le modalità di pagamento o rimborso;
- eventuali periodi precedenti in cui la medesima attività è stata svolta dallo stesso o da un altro lavoratore distaccato;
- l’esistenza del certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile;
- ogni altro elemento utile alla valutazione complessiva.
Il regime sanzionatorio in caso di distacco non autentico, regolato sempre all’art. 3, cc. 4 e 5, prevede che il lavoratore venga considerato a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione e una sanzione amministrativa di importo pari a 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione sia per l’impresa distaccante che per l’utilizzatrice.
Tale sanzione viene aumentata nel casi di distacco di lavoratore minore, prevedendo la pena dell’arresto fino a 18 mesi e l’ammenda di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione aumentata fino a sei volte.
Gli artt. 4 e 5 dettano disposizioni a tutela del lavoratore distaccato, prevedendo per quest’ultimo la parità di trattamento rispetto ai lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco e l’applicazione del regime di responsabilità solidale previsto agli artt. 1676 cod. civ. e 29, c. 2, d.lgs. n. 276/2003 e, per il caso di somministrazione, all’art. 35, c. 2, d.lgs. n. 81/2015 nonché la possibilità di far valere tali diritti in sede amministrativa e giudiziale.
L’art. 10 detta, infine, una serie di obblighi per l’impresa distaccante tra cui i principali sono:
– l’obbligo di inviare una comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, contenente una serie di dati indicati all’art. 10,entro le ore ventiquattro del giorno antecedente l’inizio del periodo di distacco.
– l’obbligo di tenuta e conservazione durante il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, del contratto di lavoro, dei prospetti paga, dei prospetti che indicano l’inizio, la fine e la durata dell’orario di lavoro giornaliero, della documentazione comprovante il pagamento delle retribuzioni, della comunicazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro e del certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile;
– l’obbligo di designare un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato di inviare e ricevere atti e documenti nonché un referente con poteri di rappresentanza per tenere i rapporti con le parti sociali.
Accesso agli atti e provvedimenti ispettivi
0 Commenti-da adminCon sentenza n. 2500 del 10 giugno 2016, il Consiglio di Stato ha confermato una precedente sentenza del TAR della Sardegna, osservando che la negazione dell’accesso agli atti del procedimento ispettivo ai sensi degli artt. 2, comma 1, lettera d) e 3, comma 1, lettera d) del DM n. 757 del 4 novembre 1994 deve essere basata su elementi di fatto concreti, e non su una presunzione assoluta.
La disciplina infatti non preclude in via assoluta l’accesso ai verbali ispettivi, bensì limita il diritto di accesso ai “documenti contenenti le notizie acquisite nel corso dell’attività ispettiva, quando dalla loro divulgazione possono derivare azioni discriminatorie o indebite pressioni o pregiudizi a carico dei lavoratori o di terzi”
La ratio è, dunque, quella di tutelare i lavoratori ed i terzi che collaborino in sede ispettiva per far emergere l’irregolarità nella gestione del rapporto di lavoro.
Ne discende che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare se la divulgazione dei verbali ispettivi è idonea a ledere la posizione dei soggetti che hanno reso le dichiarazioni in sede ispettiva ed è onerata, in caso di opposizione al provvedimento negativo, della prova di detti pregiudizi.
Il distacco transfrontaliero
0 Commenti-da adminÈ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 169 del 21 luglio 2016 il d.lgs. n. 136 del 17 luglio 2016, di attuazione della direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE che disciplina il distacco transfrontaliero e modifica il regolamento UE n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa tra gli Stati membri.
Il suddetto decreto si applica, dunque, alle imprese e alle agenzia di somministrazione stabilite in un altro Stato membro che, nell’ambito di una prestazione di servizi, distaccano in Italia uno o più lavoratori in favore di un’altra impresa (anche appartenente allo stesso gruppo) o di un’altra unità produttiva o di un altro destinatario.
Venendo alle disposizioni di particolare rilevanza, all’art. 3 sono individuati gli elementi da valutare per l’accertamento della genuinità del distacco; in particolare al comma 2 vengono indicati gli elementi principali cui vanno uniti quelli indicati al successivo comma 3.
Vediamo dunque i suddetti elementi:
Il regime sanzionatorio in caso di distacco non autentico, regolato sempre all’art. 3, cc. 4 e 5, prevede che il lavoratore venga considerato a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione e una sanzione amministrativa di importo pari a 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione sia per l’impresa distaccante che per l’utilizzatrice.
Tale sanzione viene aumentata nel casi di distacco di lavoratore minore, prevedendo la pena dell’arresto fino a 18 mesi e l’ammenda di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione aumentata fino a sei volte.
Gli artt. 4 e 5 dettano disposizioni a tutela del lavoratore distaccato, prevedendo per quest’ultimo la parità di trattamento rispetto ai lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco e l’applicazione del regime di responsabilità solidale previsto agli artt. 1676 cod. civ. e 29, c. 2, d.lgs. n. 276/2003 e, per il caso di somministrazione, all’art. 35, c. 2, d.lgs. n. 81/2015 nonché la possibilità di far valere tali diritti in sede amministrativa e giudiziale.
L’art. 10 detta, infine, una serie di obblighi per l’impresa distaccante tra cui i principali sono:
– l’obbligo di inviare una comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, contenente una serie di dati indicati all’art. 10,entro le ore ventiquattro del giorno antecedente l’inizio del periodo di distacco.
– l’obbligo di tenuta e conservazione durante il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, del contratto di lavoro, dei prospetti paga, dei prospetti che indicano l’inizio, la fine e la durata dell’orario di lavoro giornaliero, della documentazione comprovante il pagamento delle retribuzioni, della comunicazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro e del certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile;
– l’obbligo di designare un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato di inviare e ricevere atti e documenti nonché un referente con poteri di rappresentanza per tenere i rapporti con le parti sociali.
Ammortizzatori sociali: proroga del trattamento di CIGS
0 Commenti-da adminÈ stato pubblicato il 6 maggio 2016 il decreto interministeriale n. 95075 del 25 marzo 2016, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha definito, ai sensi dell’art. 21, c. 4, del D. l.gs, 14 settembre 2015, n. 148, i criteri per l’accesso ad un ulteriore periodo di integrazione salariale straordinaria, da concedersi qualora all’esito di un programma di crisi aziendale, l’impresa cessi l’attività produttiva e proponga concrete prospettive di rapida cessione dell’azienda stessa e il conseguente riassorbimento del personale.
La proroga del trattamento di integrazione salariale straordinaria può essere concessa sino ad un limite massimo complessivo di dodici mesi per le cessazioni di attività intervenute nell’anno 2016, di nove mesi per le cessazioni di attività intervenute nell’anno 2017 e di sei mesi per quelle intervenute nell’anno 2018.
La concessione è subordinata alla presenza dei seguenti criteri:
– il trattamento di integrazione salariale straordinario sia stato autorizzato su presentazione del programma di crisi aziendale (art. 21, c. 3, d.lgs. n. 148/2015), al cui esito, per l’aggravarsi delle iniziali difficoltà e per l’impossibilità di portare a termine il piano di risanamento originariamente predisposto, l’impresa si determini a cessare l’attività produttiva e, contestualmente, si evidenzino concrete e rapide prospettive di cessione dell’azienda; – sia stipulato uno specifico accordo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la presenza del Ministero dello sviluppo economico; – sia presentato un piano di sospensioni dei lavoratori ricollegabili nell’entità e nei tempi alla cessione aziendale e ai nuovi interventi programmati; – sia presentato un piano per il riassorbimento occupazionale in capo al cessionario garantito mediante l’espletamento tra le parti della procedura prevista per il trasferimento d’azienda (art. 47, l. 29 dicembre 1990, n. 428).
Il procedimento prevede che l’impresa stipuli, prima del termine del programma di crisi, lo specifico accordo governativo (di cui sopra) in cui, oltre alla valutazione delle prospettive di rapida cessione dell’azienda con finalità di continuazione dell’attività ovvero di ripresa della stessa, viene verificata la sostenibilità finanziaria dell’intervento di integrazione salariale straordinaria.
A seguito della stipula dell’accordo governativo, l’impresa presenta istanza di integrazione salariale al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Si segnala, infine, che in deroga alla disciplina generale il personale può essere sospeso prima che siano decorsi 30 giorni dalla data di presentazione della domanda di concessione dell’ammortizzatore.
La videosorveglianza con software intelligent video
0 Commenti-da adminIl Garante per la protezione dei dati personali ha autorizzato, con provvedimento del 17 marzo 2016, un impianto di videosorveglianza dotato di software “intelligent video”.
L’impianto è munito di sistema di riconoscimento di modelli comportamentali in grado di individuare condizioni anomale (ad esempio la rilevazione di un uomo a terra) e di telecamere termiche, che, senza effettuare alcuna identificazione, hanno la funzione di attivare l’allarme a seguito dell’individuazione di forme in movimento in una “no access zone”.
L’autorizzazione del Garante muove anche dalla constazione delle particolari caratteristiche dell’impresa (delicatezza del settore produttivo, specifiche esigenze del rispetto di elevati standard di sicurezza nazionali ed internazionali).
Lavoro intermittente e diritto transitorio
0 Commenti-da adminInterpello n. 10 del 21 marzo 2016 della Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – lavoro intermittente
La Federalberghi ha formulato istanza di interpello riguardante la corretta interpretazione dell’art. 13, c. 1, d.lgs. n. 81/2015, concernente la disciplina del contratto di lavoro intermittente.
Questo il quesito posto: “se, in virtù di quanto disposto dal Legislatore del 2015 all’art. 55, comma 3 – ai sensi del quale “sino all’emanazione dei decreti richiamati dalle disposizioni del presente decreto legislativo, trovano applicazione le regolamentazioni vigenti” – sia ancora possibile, in relazione alla possibilità di ricorrere a prestazioni di lavoro intermittenti, riferirsi a quanto declinato dalla tabella allegata al R.D. n. 2657 del 1923, recante l’elenco delle attività a carattere discontinuo”.
Il Ministero, dopo aver ricordato che il ricorso a prestazioni di lavoro intermittente è disciplinato dalla contrattazione collettiva (ferme restando le ipotesi soggettive previste dall’art. 13, c. 2, del d.lgs. n. 81/2015) e che, in assenza di essa, il legislatore ha demandato l’individuazione dei casi di utilizzo del lavoro intermittente a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, evidenzia che un tale decreto è stato già stato emanato in forza della previgente normativa.
Il D.M. 23 ottobre 2004, prevede, infatti, che “è ammessa la stipulazione di contratti di lavoro intermittente con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al Regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657”.
Per il Ministero, il detto decreto, “è da considerarsi ancora vigente proprio in forza della disposizione di cui all’art. 55, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2015 e, di conseguenza, è evidentemente possibile rifarsi alle ipotesi indicate dal R.D. n. 2657 del 1923 al fine di attivare prestazioni di lavoro intermittente”.
La soluzione prospettata “risulta coerente con quanto già precisato da questo Ministero con circolare n. 20/2012, richiamata dall’interpellante, nonché da diverse risposte ad interpello fornite da questa Amministrazione in ordine alla questione in argomento (cfr. interpello n. 28/2012; n. 7/2014 ecc.)”.
L’azienda (trasferita) come gruppo di dipendenti
0 Commenti-da adminCon la sentenza 6 aprile 2016, n. 6693 la Suprema Corte si pronuncia su un’ipotesi particolare di trasferimento di azienda, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ.
I Giudici rilevano che “ai fini del trasferimento d’azienda, la disciplina di cui all’art. 2112 cod. civ., postula che il complesso organizzato dei beni dell’impresa – nella sua identità obiettiva – sia passato ad un diverso titolare in forza di una vicenda giuridica riconducibile al fenomeno della successione in senso ampio”; non è necessario, dunque, che vi sia stato un rapporto contrattuale diretto tra cedente e cessionario.
Viene, poi, ribadito l’orientamento per cui “deve considerarsi trasferimento d’azienda anche l’acquisizione di un complesso stabile organizzato di persone quando non occorrono mezzi patrimoniali per l’esercizio dell’attività economica”.
Da ciò discende che “è configurabile il trasferimento di un ramo di azienda pure nel caso in cui la cessione abbia ad oggetto anche solo un gruppo di dipendenti dotati di particolari competenze che siano stabilmente coordinati ed organizzati tra loro, così da rendere le loro attività interagenti ed idonee a tradursi in beni e servizi ben individuabili”.