Circolare INAIL: nessuna rivalutazione degli indennizzi per danno biologico
Con la circolare n. 39 del 27 settembre 2017, l’INAIL ha dettato nuove disposizioni in materia di rivalutazione degli indennizzi per danno biologico derivante da infortunio sul lavoro e malattia professionale con decorrenza 1° luglio 2017.
La circolare si preoccupa di ripercorrere un iter normativo, di cui ricordiamo solo una tappa, prodromica allo studio della circolare in oggetto.
La legge di stabilità 2016 ha introdotto un meccanismo di rivalutazione automatica su base annua delle prestazioni economiche erogate dall’INAIL a titolo di indennizzo del danno biologico derivante da infortunio sul lavoro o malattia professionale.
In particolare, il legislatore ha disposto che, con effetto dall’anno 2016, a decorrere dal 1° luglio di ciascun anno, gli importi degli indennizzi del danno biologico erogati dall’INAIL ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, e successive modificazioni, sono rivalutati, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su proposta del Presidente dell’INAIL, sulla base della variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertata dall’Istituto nazionale di statistica rispetto all’anno precedente.
Con la circolare n. 39 del 2017, l’INAIL ribadisce il metodo di rivalutazione utilizzato nel 2016, e dispone, inoltre, quanto segue.
“Anche per l’anno 2016, tuttavia, l’Istat ha registrato una variazione percentuale del predetto indice dei prezzi al consumo pari a – 0,1%, che avrebbe comportato un adeguamento in negativo delle prestazioni in questione.
Al riguardo, come già noto, la legge di stabilità 2016 ha però stabilito che, con riferimento alle prestazioni previdenziali e assistenziali e ai parametri a esse connessi, la percentuale di adeguamento non può mai risultare inferiore a zero.
In virtù della norma di salvaguardia contenuta nella legge di stabilità 2016, il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 4 luglio 2017, su proposta dell’INAIL, ha confermato, a decorrere dal 1° luglio 2017, gli importi delle prestazioni economiche per danno biologico vigenti al 1° luglio 2016”.
Mobbing e onere della prova
0 Commenti-da adminIn un’ordinanza del 14 settembre 2017, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di mobbing.
Nel caso di specie, il dipendente ha proposto ricorso nei confronti dell’Azienda Sanitaria Locale per la quale lavorava, lamentando di essere stato privato per oltre un decennio del suo ruolo di primario e isolato in un reparto fantasma.
Nella prospettazione del ricorrente, lo svuotamento pressoché totale delle sue mansioni, oltre a costituire un grave demansionamento, avrebbe configurato una condotta mobbizzante produttiva di un danno biologico, con conseguente diritto alla tutela risarcitoria.
La Corte d’appello di Lecce, in riforma della sentenza di primo grado, che aveva dichiarato nullo il ricorso in quanto privo degli elementi essenziali richiesti dall’articolo 414 cod. proc. civ., ha rigettato nel merito la domanda, evidenziando che il lavoratore aveva omesso di allegare e provare che i comportamenti tenuti dalla Asl erano caratterizzati da un «programmato disegno» avente lo «scopo di mortificarne la personalità e la professionalità».
La Cassazione ha ritenuto la decisione della Corte territoriale correttamente motivata.
Tale pronuncia, conforme all’indirizzo giurisprudenziale più volte fatto proprio dai Giudici di legittimità, ribadisce l’onere in capo al dipendente di provare in giudizio l’elemento soggettivo caratterizzante il mobbing, vale a dire «l’intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi». (Cass., n. 2147/2017; Cass., n. 2142/2017; Cass., n. 24029/2016; Cass., n. 17698/2014)
Si riporta un estratto della sentenza pubblicata:
“La sentenza impugnata, priva del dedotto profilo di contraddittorietà, è sul punto conforme al consolidato orientamento di questa Corte secondo cui il mobbing richiede: a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio – illeciti o anche leciti se considerati singolarmente – che, con intento vessatorio, siano posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi; b) l’evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente; c) il nesso eziologico tra le descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità; d) l’elemento soggettivo, cioè l’intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi”
Riduzioni contributive e contratti di solidarietà
0 Commenti-da adminCon decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali e del Ministro dell’Economia e delle Finanze, diffuso il 28 settembre 2017 sul sito ufficiale del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, vengono fissate nuove regole che consentiranno alle imprese di accedere alle facilitazioni contributive previste in caso di sottoscrizione di contratti di solidarietà.
Secondo le nuove direttive, la riduzione contributiva di cui all’art. 6, comma 4, del d.l. n. 510/1996 è riconosciuta in favore delle imprese che stipulano o hanno in corso contratti di solidarietà ai sensi degli articoli 1 e 2 del d.l. n. 726/1984 convertito, con modificazioni, in l. n. 863/1984, nonché, a decorrere dall’entrata in vigore del d.lgs n. 148/2015, in attuazione della l. n. 183/2014, ai sensi dell’art. 21, comma 1, lettera c, del medesimo decreto legislativo.
L’art. 2 del decreto interministeriale in oggetto dispone: “la riduzione contributiva di cui all’articolo 1 è riconosciuta nella misura del 35% della contribuzione a carico del datore di lavoro dovuta per i lavoratori interessati alla riduzione dell’orario di lavoro in misura superiore al 20%”
Il provvedimento in rassegna indica agli artt. 2, 3, 4 e 5 le modalità e i termini di presentazione dell’istanza da parte dell’impresa interessata a godere degli sgravi contributivi.
Per il 2017, l’istanza è presentata dal 30 novembre e fino al 10 dicembre dalle imprese che al 30 novembre abbiano stipulato un contratto di solidarietà, nonché dalle imprese che abbiano avuto un contratto di solidarietà in corso nell’arco dell’anno 2016.
Dal 2018 l’istanza deve essere presentata dal 30/11 di ogni anno e fino al 10/12 ma con riferimento alle imprese che abbiano stipulato un contratto di solidarietà entro il 30/11 dello stesso anno ovvero dalle imprese che abbiano avuto un contratto di solidarietà nel secondo semestre dell’anno precedente.
La riduzione contributiva può avere una durata massima di 24 mesi in un quinquennio mobile; per ottenerla, le aziende devono inoltrare un’istanza esclusivamente tramite posta elettronica certificata.
Le modalità di inoltro delle richieste e i relativi modelli sono reperibili nel sito www.lavoro.gov.it.
Lo sgravio non potrà mai eccedere le risorse destinate allo scopo (30 milioni per ogni anno); difatti, ai fini dell’accesso al beneficio, è previsto il rispetto dell’ordine cronologico di inoltro delle domande.
Danno biologico e indennizzi Inail
0 Commenti-da adminCircolare INAIL: nessuna rivalutazione degli indennizzi per danno biologico
Con la circolare n. 39 del 27 settembre 2017, l’INAIL ha dettato nuove disposizioni in materia di rivalutazione degli indennizzi per danno biologico derivante da infortunio sul lavoro e malattia professionale con decorrenza 1° luglio 2017.
La circolare si preoccupa di ripercorrere un iter normativo, di cui ricordiamo solo una tappa, prodromica allo studio della circolare in oggetto.
La legge di stabilità 2016 ha introdotto un meccanismo di rivalutazione automatica su base annua delle prestazioni economiche erogate dall’INAIL a titolo di indennizzo del danno biologico derivante da infortunio sul lavoro o malattia professionale.
In particolare, il legislatore ha disposto che, con effetto dall’anno 2016, a decorrere dal 1° luglio di ciascun anno, gli importi degli indennizzi del danno biologico erogati dall’INAIL ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, e successive modificazioni, sono rivalutati, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su proposta del Presidente dell’INAIL, sulla base della variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertata dall’Istituto nazionale di statistica rispetto all’anno precedente.
Con la circolare n. 39 del 2017, l’INAIL ribadisce il metodo di rivalutazione utilizzato nel 2016, e dispone, inoltre, quanto segue.
“Anche per l’anno 2016, tuttavia, l’Istat ha registrato una variazione percentuale del predetto indice dei prezzi al consumo pari a – 0,1%, che avrebbe comportato un adeguamento in negativo delle prestazioni in questione.
Al riguardo, come già noto, la legge di stabilità 2016 ha però stabilito che, con riferimento alle prestazioni previdenziali e assistenziali e ai parametri a esse connessi, la percentuale di adeguamento non può mai risultare inferiore a zero.
In virtù della norma di salvaguardia contenuta nella legge di stabilità 2016, il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 4 luglio 2017, su proposta dell’INAIL, ha confermato, a decorrere dal 1° luglio 2017, gli importi delle prestazioni economiche per danno biologico vigenti al 1° luglio 2016”.
Il caso Ryanair alla Corte di Giustizia
0 Commenti-da adminLa Corte di Giustizia dell’Unione Europea il 14 settembre 2017 si è pronunciata su due cause riunite (C – 168/16 e C- 169/16) contro Ryanair Designated Activity Company.
Le questioni pregiudiziali riguardavano l’interpretazione dell’art. 19, punto 2, lettera a), del Regolamento CE n. 44/2001 del Consiglio (cd. Bruxelles I) concernente la giurisdizione in materia di contratti individuali di lavoro.
Il problema si poneva poiché i dipendenti di Ryanair avevano stipulato un contratto di lavoro che prevedeva la giurisdizione del giudice irlandese a conoscere eventuali controversie tra le parti in relazione all’esecuzione e alla risoluzione del rapporto di lavoro.
Al fine di ottenere il riconoscimento di alcuni trattamenti retributivi, due dipendenti avevano adito le Corti belghe, ritenendo che le stesse fossero competenti a conoscere e giudicare su tali questioni; circostanza poi contestata dalla compagnia aerea.
Le Corti del lavoro belghe hanno deciso di sospendere i procedimenti e di sottoporre alla Corte la questione pregiudiziale.
In particolare, il regolamento di Bruxelles I, prevede la competenza del foro in cui abitualmente si esegue la prestazione di lavoro; criterio che, se rapportato alle particolarità legate al settore della circolazione aerea europea, pone non poche difficoltà.
La Corte sottolinea che dallo studio della propria costante giurisprudenza emerge che per le controversie relative ai contratti individuali di lavoro, il capo II, sezione 5, del regolamento Bruxelles I enuncia una serie di norme che perseguono lo scopo di tutelare la parte contraente più debole.
Per quanto riguarda la determinazione della nozione di «luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività», ai sensi dell’articolo 19, punto 2, lettera a), del regolamento Bruxelles I, la Corte ha statuito che il criterio dello Stato membro in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività deve essere interpretato in senso ampio e in particolare come “luogo nel quale, o a partire dal quale, il lavoratore di fatto adempie la parte più importante delle sue obbligazioni nei confronti del datore di lavoro”.
Tfr e previdenza complementare
0 Commenti-da adminLa l. n. 124/2017 ha previsto che gli accordi collettivi, anche a livello aziendale, potranno stabilire quanta parte del Tfr maturando potrà essere destinata dal lavoratore alla previdenza complementare e quanta lasciata nella disponibilità del datore, in modo da superare le resistenze dei lavoratori connesse alla perdita integrale di tale forma di liquidità.
In particolare, l’art. 38 lettera a), in parziale modifica del d. lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, dispone espressamente: «Gli accordi possono anche stabilire la percentuale minima di TFR maturando da destinare a previdenza complementare. In assenza di tale indicazione il conferimento è totale»
Un’ulteriore novità riguarda il prepensionamento integrativo complementare.
Il diritto a ricevere le somme a titolo di pensione integrativa si matura, in via generale, quando il lavoratore ha maturato il diritto alla pensione obbligatoria pubblica erogata dall’INPS e ha partecipato per un periodo di almeno cinque anni alla previdenza complementare.
Si prevedeva la possibilità di anticipare l’ottenimento della pensione complementare a fronte dello stato di disoccupazione da più di 48 mesi e per un anticipo massimo di cinque anni rispetto ai requisiti ordinari previsti per il pensionamento pubblico.
La l. n. 124/2017 ha esteso la facoltà di conseguire le prestazioni in via anticipata per un periodo di disoccupazione superiore ai 24 mesi a condizione che il richiedente non sia in anticipo per più di cinque anni dal pensionamento nel regime pubblico obbligatorio.
L’art. 38, lettera b), della l. n. 124/2017 dispone: «Le forme pensionistiche complementari prevedono che, in caso di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a ventiquattro mesi, le prestazioni pensionistiche o parti di esse siano, su richiesta dell’aderente, consentite con un anticipo di cinque anni rispetto ai requisiti per l’accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio di appartenenza e che in tal caso possano essere erogate, su richiesta dell’aderente, in forma di rendita temporanea, fino al conseguimento dei requisiti di accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio. Gli statuti e i regolamenti delle forme pensionistiche complementari possono innalzare l’anticipo di cui al periodo precedente fino a un massimo di dieci anni».
Regolarità contributiva e Durc on line
0 Commenti-da adminCon il messaggio 3220/2017 l’INPS ha avviato, dal 1° settembre 2017, numerosi controlli di verifica sulla regolarità contributiva tramite la piattaforma Durc on line.
I controlli vogliono evitare eventuali fruizioni indebite di benefici normativi e contributivi.
Il Durc “interno” è un documento unico di regolarità contributiva richiesto ai datori di lavoro per fruire di benefici normativi e contributivi, definito “interno” perché gestito dall’INPS per i benefici di competenza dell’Istituto, senza emettere alcuna documentazione.
Per poter godere di benefici normativi e contributivi, i datori di lavoro sono tenuti a possedere il Durc, condizione minima richiesta anche dagli accordi e contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali, se sottoscritti.
Per effettuare i controlli sulla regolarità contributiva, l’INPS si serve della procedura che immette autonomamente nel portale Durc online le istanze di verifica; i datori di lavoro in posizione irregolare dovranno, quindi, sanare le proprie posizioni debitorie per non decadere dai benefici.
Si ricorda, inoltre, che i datori di lavoro che intendano beneficiare di agevolazioni devono inviare all’Ispettorato territoriale del Lavoro, tramite pec un modulo ad hoc contenente un’autocertificazione che attesti l’inesistenza a proprio a carico di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali definitivi.