Con il provvedimento n. 53 del 1° febbraio 2018 il Garante Privacy ha dichiarato illecito il trattamento dei dati personali effettuato dalla società datrice di lavoro sugli account di posta elettronica aziendale dei dipendenti.
La società, infatti, non aveva informato i lavoratori che le e-mail scambiate nel corso dell’attività lavorativa, mediante l’account aziendale, sarebbero state oggetto di conservazione all’interno di server aziendali per tutta la durata del rapporto di lavoro ed anche oltre la cessazione dello stesso.
Il Garante ha ritenuto non conforme ai principi di liceità, necessità e proporzionalità del trattamento la conservazione sistematica dei dati esterni e del contenuto delle comunicazioni elettroniche scambiate dai dipendenti tramite gli account aziendali; attraverso l’accesso ai contenuti delle e-mail intercorse tra colleghi e collaboratori, la società ha ricostruito lo scambio di comunicazioni, anche di natura privata, destinate a rimanere all’interno della cerchia dei soggetti partecipanti alle conversazioni.
Nel provvedimento si precisa che il controllo datoriale, effettuato mediante la raccolta sistematica e la memorizzazione, per un periodo non predeterminato, delle comunicazioni elettroniche in transito sugli account aziendali dei dipendenti, è in contrasto con la disciplina in materia di controlli a distanza.
I poteri istruttori del giudice del lavoro
0 Commenti-da adminCon la decisione 28 marzo 2018, n. 7694 la Corte di Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento intimato alla lavoratrice alla quale era stato contestato di aver preso parte ad una manifestazione di protesta durante un periodo di assenza per malattia.
Nella specie, il Supremo Collegio ha rigettato le doglianze della datrice di lavoro, secondo la quale la Corte Territoriale aveva esercitato i poteri d’ufficio oltre i limiti consentiti, acquisendo i certificati medici attestanti la diagnosi di malattia.
Nella decisione si ribadisce, infatti, che i poteri d’ufficio del giudice del lavoro possono essere esercitati anche in presenza di già verificatesi decadenze o preclusioni e pur in assenza di una esplicita richiesta delle parti in causa. L’unico limite al carattere discrezionale di tali poteri è quello dell’arbitrarietà.
E-mail aziendale e privacy: il provvedimento del Garante
0 Commenti-da adminCon il provvedimento n. 53 del 1° febbraio 2018 il Garante Privacy ha dichiarato illecito il trattamento dei dati personali effettuato dalla società datrice di lavoro sugli account di posta elettronica aziendale dei dipendenti.
La società, infatti, non aveva informato i lavoratori che le e-mail scambiate nel corso dell’attività lavorativa, mediante l’account aziendale, sarebbero state oggetto di conservazione all’interno di server aziendali per tutta la durata del rapporto di lavoro ed anche oltre la cessazione dello stesso.
Il Garante ha ritenuto non conforme ai principi di liceità, necessità e proporzionalità del trattamento la conservazione sistematica dei dati esterni e del contenuto delle comunicazioni elettroniche scambiate dai dipendenti tramite gli account aziendali; attraverso l’accesso ai contenuti delle e-mail intercorse tra colleghi e collaboratori, la società ha ricostruito lo scambio di comunicazioni, anche di natura privata, destinate a rimanere all’interno della cerchia dei soggetti partecipanti alle conversazioni.
Nel provvedimento si precisa che il controllo datoriale, effettuato mediante la raccolta sistematica e la memorizzazione, per un periodo non predeterminato, delle comunicazioni elettroniche in transito sugli account aziendali dei dipendenti, è in contrasto con la disciplina in materia di controlli a distanza.
Indebito uso di mezzi aziendali e licenziamento
0 Commenti-da adminIndebito uso di mezzi aziendali e licenziamento
Con la decisione 12 febbraio 2018, n. 3315 la Corte di Cassazione ha dichiarato legittimo il licenziamento del dipendente di una nota società di telecomunicazioni, il quale aveva effettuato una serie di telefonate non autorizzate e non attinenti alle esigenze di servizio.
Nella specie, non è valsa ad alleviare la gravità degli addebiti contestati l’allegazione dello stato di depressione in cui il lavoratore versava al momento del compimento dei fatti.
Il licenziamento del lavoratore tennista
0 Commenti-da adminCon la decisione 19 gennaio 2018, n. 1374 la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza del giudice di secondo grado che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento del lavoratore sorpreso a giocare a tennis – al di fuori dell’orario lavorativo – in un periodo in cui aveva ottenuto dalla società datrice di essere adibito a mansioni meno gravose.
Secondo gli Ermellini il lavoratore, con la propria condotta, non ha aggravato o esposto a rischio di aggravamento le sue condizioni di salute; per questo motivo, il fatto di aver giocato a tennis è irrilevante sul piano disciplinare, tanto da rendere illegittimo il licenziamento.
Lavoro intermittente: la circolare INL
0 Commenti-da adminCon circolare del 15 marzo 2018 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha ribadito che la stipulazione di un contratto di lavoro intermittente, in assenza di valutazione dei rischi, comporta la conversione del rapporto di lavoro intermittente in un ordinario rapporto di lavoro subordinato.
L’Ispettorato precisa, inoltre, che “la conversione dei rapporti intermittenti in rapporti di lavoro ordinario non può in ogni caso confliggere con il principio di effettività delle prestazioni, secondo cui i trattamenti, retributivo e contributivo, dovranno essere corrisposti in base al lavoro – in termini quantitativi e qualitativi – realmente effettuato sino al momento della conversione”.
Clausola elastica illegittima e risarcimento del danno
0 Commenti-da adminCon l’ordinanza 20 marzo 2018, n. 6900 la Corte di Cassazione ha stabilito che l’inserimento di una illegittima clausola elastica di distribuzione dell’orario di lavoro, all’interno di un contratto di lavoro part-time, comporta il diritto del lavoratore al risarcimento dei danni, da liquidarsi in via equitativa.
In particolare, l’illegittimità della clausola elastica implica un’integrazione del trattamento economico, sul presupposto che la disponibilità del dipendente alla chiamata del datore di lavoro debba trovare un adeguato compenso in ragione della maggiore onerosità della prestazione.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata aveva ritenuto illegittima la clausola elastica inserita nel contratto, ma aveva riformato il provvedimento del giudice di prime cure che aveva liquidato il danno equitativamente