Con la decisione 17 dicembre 2018, n. 32607 la Corte di Cassazione ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato alla lavoratrice che, nell’ambito del procedimento disciplinare, aveva fatto pervenire al datore di lavoro le proprie difese oltre il termine prefissato dalla legge e dal contratto collettivo.
Nel caso di specie, si è precisato che tali giustificazioni scritte non dovessero essere considerate tardive, in quanto spedite dalla lavoratrice, mediante raccomandata a.r., entro il termine di cinque giorni dal ricevimento della lettera di contestazione di addebito di parte datoriale.
In punto di diritto, la Cassazione ha sottolineato che il rispetto del procedimento disciplinare è volto a garantire il diritto di difesa dell’incolpato ed è finalizzato alla realizzazione del contradditorio.
Inoltre, ha rilevato che l’esercizio del potere disciplinare, implicando un rapporto di supremazia per cui il datore di lavoro può, con un suo atto unilaterale, determinare conseguenze in senso lato negative nella sfera soggettiva del prestatore di lavoro in ragione di un comportamento negligente o colpevole di quest’ultimo, deve rispondere al principio di proporzione e alla regola del contraddittorio.
Procedimento disciplinare: il termine a difesa
0 Commenti-da adminCon la decisione 17 dicembre 2018, n. 32607 la Corte di Cassazione ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato alla lavoratrice che, nell’ambito del procedimento disciplinare, aveva fatto pervenire al datore di lavoro le proprie difese oltre il termine prefissato dalla legge e dal contratto collettivo.
Nel caso di specie, si è precisato che tali giustificazioni scritte non dovessero essere considerate tardive, in quanto spedite dalla lavoratrice, mediante raccomandata a.r., entro il termine di cinque giorni dal ricevimento della lettera di contestazione di addebito di parte datoriale.
In punto di diritto, la Cassazione ha sottolineato che il rispetto del procedimento disciplinare è volto a garantire il diritto di difesa dell’incolpato ed è finalizzato alla realizzazione del contradditorio.
Inoltre, ha rilevato che l’esercizio del potere disciplinare, implicando un rapporto di supremazia per cui il datore di lavoro può, con un suo atto unilaterale, determinare conseguenze in senso lato negative nella sfera soggettiva del prestatore di lavoro in ragione di un comportamento negligente o colpevole di quest’ultimo, deve rispondere al principio di proporzione e alla regola del contraddittorio.
Recidiva e licenziamento disciplinare
0 Commenti-da adminCon la decisione 26 novembre 2018, n. 30564 la Corte di Cassazione ha dichiarato legittimo il licenziamento del lavoratore con precedenti disciplinari richiamati nella lettera di irrogazione della sanzione, ma non nella lettera di contestazione dell’addebito.
In particolare, il Supremo Collegio ha precisato che non occorre contestare preventivamente i precedenti disciplinari ove la recidiva venga in rilievo quale mero precedente negativo della condotta e, dunque, non quale elemento costitutivo del complessivo addebito formulato.
In tal senso la recidiva rileva ai fini della determinazione della sanzione da irrogare per l’infrazione disciplinare commessa, nel rispetto del canone di proporzionalità.
La nullità del licenziamento per causa di matrimonio
0 Commenti-da adminCon la decisione 12 novembre 2018, n. 28926 la Corte di Cassazione ha fornito un’interpretazione restrittiva della disposizione che sanziona con la nullità il licenziamento per causa di matrimonio.
Nel caso di specie, il ricorrente aveva impugnato il licenziamento, invocando l’applicazione dell’art. 35 d.lgs. n. 198/2006 anche al lavoratore uomo, sul presupposto che tale disposizione dovesse essere interpretata in senso “estensivo” in quanto inserita nel codice delle pari opportunità tra uomo e donna.
Il Supremo Collegio, nel dichiarare infondata la questione giuridica prospettata dal lavoratore, ha precisato che la disposizione di cui all’art. 35 d.lgs. n. 198/2006 non costituisce una previsione “discriminatoria”, in quanto rispondente ad una diversità di trattamento tra uomo e donna, giustificata da ragioni, non già di genere del soggetto che presti un’attività lavorativa, ma di tutela della maternità, costituzionalmente garantita alla donna, pure titolare come lavoratrice degli stessi diritti dell’uomo, in funzione dell’adempimento della essenziale funzione familiare.
Illegittimità del patto di prova e limiti alla reintegra
0 Commenti-da adminCon la decisione 3 dicembre 2018, n. 31159 la Corte di Cassazione ha considerato illegittimo il recesso per mancato superamento del patto di prova, essendo stato il lavoratore adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contenute nel patto.
Sul piano sanzionatorio, la Corte ha precisato che il recesso non può considerarsi valido qualora le modalità di esperimento della prova non risultino adeguate ad accertare la capacità lavorativa del prestatore oppure quando il recesso persegua finalità illecite.
Nel caso di specie, la sentenza ha chiarito che l’illegittimità del patto non potrebbe dar luogo all’applicazione della reintegra ma semplicemente alla prosecuzione della prova o al risarcimento del danno, sussistendo nella fattispecie un vizio funzionale e non genetico del patto.
Riduzione premi e contributi INAIL per il 2019
0 Commenti-da adminCon provvedimento del 22 ottobre 2018, pubblicato il 7 dicembre 2018, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha decretato la riduzione, nella misura del 15,24% per l’anno 2019, dell’importo dei premi e contributi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui ai provvedimenti attuativi dell’art. 1, c. 128, legge n. 147/2013.
Le novità in materia di lavoro: Pisa 20 dicembre 2018
0 Commenti-da adminIl prossimo 20 dicembre parteciperò ad un Convegno sulle recenti novità che hanno interessato il diritto del lavoro: dalla nuova disciplina del contratto a termine, alle modifiche in tema di indennità di licenziamento nel contratto a tutele crescenti fino ad arrivare alla recente sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1 d.lgs. n. 23/2015.
Sarà l’occasione per una riflessione da condurre sul filo della praticità e con l’attenzione necessaria alle ricadute inevitabli sul piano sistematico.