Ispettorato Nazionale del Lavoro, nota prot. 8 maggio 2024, n. 862
Le dimissioni volontarie rassegnate dai lavoratori genitori di figli minori di tre anni, a norma dell’art. 55, co. 4, d.lgs. 151/2001, vedono la propria efficacia subordinata alla convalida dell’Ispettorato territoriale del lavoro, che verifica che le stesse siano frutto di una scelta genuina del lavoratore e non frutto di condizionamenti del datore di lavoro. Tuttavia, non è prevista una disciplina per la revoca di tali dimissioni convalidate e, viceversa, è espressamente esclusa quella generale del d.lgs. n. 151/2015.
Sul punto l’Ispettorato nazionale del lavoro, con la nota in oggetto, ha ricordato che non esistono ostacoli di principio alla revoca sia prima del procedimento di convalida sia successivamente, ma in un momento precedente alla decorrenza delle dimissioni e, quindi, alla definitiva risoluzione del rapporto. Comunque, la revoca delle dimissioni richiederà un esame istruttorio da parte dell’Ispettorato per l’annullamento del provvedimento di convalida, nel quale dovrà essere verificata la fondatezza delle motivazioni addotte e potranno essere programmati eventuali accertamenti ispettivi nei confronti del datore di lavoro, qualora si ritenga che siano stati realizzati comportamenti illeciti nei confronti del lavoratore.
Il limite oltre il quale non è più possibile revocare le dimissioni rese rimane, come già detto, quello in cui si sia prodotto l’effetto della risoluzione del rapporto, che in questo caso, potrà riprendere solo con il consenso del datore.
La revoca delle dimissioni «protette» convalidate dall’INL
da Admin2Ispettorato Nazionale del Lavoro, nota prot. 8 maggio 2024, n. 862
Le dimissioni volontarie rassegnate dai lavoratori genitori di figli minori di tre anni, a norma dell’art. 55, co. 4, d.lgs. 151/2001, vedono la propria efficacia subordinata alla convalida dell’Ispettorato territoriale del lavoro, che verifica che le stesse siano frutto di una scelta genuina del lavoratore e non frutto di condizionamenti del datore di lavoro. Tuttavia, non è prevista una disciplina per la revoca di tali dimissioni convalidate e, viceversa, è espressamente esclusa quella generale del d.lgs. n. 151/2015.
Sul punto l’Ispettorato nazionale del lavoro, con la nota in oggetto, ha ricordato che non esistono ostacoli di principio alla revoca sia prima del procedimento di convalida sia successivamente, ma in un momento precedente alla decorrenza delle dimissioni e, quindi, alla definitiva risoluzione del rapporto. Comunque, la revoca delle dimissioni richiederà un esame istruttorio da parte dell’Ispettorato per l’annullamento del provvedimento di convalida, nel quale dovrà essere verificata la fondatezza delle motivazioni addotte e potranno essere programmati eventuali accertamenti ispettivi nei confronti del datore di lavoro, qualora si ritenga che siano stati realizzati comportamenti illeciti nei confronti del lavoratore.
Il limite oltre il quale non è più possibile revocare le dimissioni rese rimane, come già detto, quello in cui si sia prodotto l’effetto della risoluzione del rapporto, che in questo caso, potrà riprendere solo con il consenso del datore.
Sulla nullità del patto di non concorrenza
da Admin2Cass. civ., sez. lav., ord. 19 aprile 2024, n. 10819
Secondo la Cassazione, è nullo il patto di non concorrenza nell’ambito del quale il datore si riservi di cessare la corresponsione del compenso al dipendente in caso di mutamento di mansioni dello stesso, a fronte del mantenimento in capo a quest’ultimo di tutti gli obblighi derivanti dal patto, fra cui quello al pagamento dell’eventuale penale, per un periodo successivo al mutamento di mansioni.
Tale previsione provoca l’indeterminatezza della clausola che stabilisce il compenso dovuto al dipendente, dal momento che il suo ammontare è rimesso ad una decisione unilaterale e imprevedibile ex ante, assunta dal datore di lavoro, di modificare le sue mansioni.
L’indeterminatezza del compenso è equivalente alla sua mancata previsione e quindi comporta la nullità dell’intero patto ai sensi dell’art. 2125 c.c. dal momento che, contrariamente a quanto ritenuto dal datore ricorrente, il legislatore ha previsto la mancata previsione del compenso o la mancata definizione dell’ambito territoriale di operatività come cause di nullità specifiche del patto di non concorrenza, per le quali è stata effettuata a monte una valutazione di «essenzialità» delle stesse ai fini del patto, tale da escludere la disciplina della nullità parziale di cui all’art. 1419 c.c. e, quindi, rendendo superflua ogni valutazione in merito da parte del giudice.
Lo sciopero «mascherato» da astensione per malattia
da Admin2Cass. civ., sez. lav., sent. 14 maggio 2024, n. 13181
Fra il 31 dicembre 2014 e il 1° gennaio 2015 un cospicuo numero di addetti della Polizia Municipale di Roma, in ampia percentuale aderenti alle organizzazioni sindacali che stavano promuovendo una serie di vertenze nei confronti del datore, si astenevano dalla prestazione di lavoro esercitando il diritto a fruire di permessi personali o inviando certificati per l’assenza per malattia.
La Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali sanzionava le organizzazioni sindacali, ritenendo che dietro l’assenza di massa dei dipendenti si celasse un’astensione concertata dal lavoro promossa da tutte le sigle coinvolte, in violazione delle regole sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali.
La Cassazione, investita del ricorso contro le sanzioni promosso dalle organizzazioni sindacali, ha confermato il ragionamento della Corte di Appello e ha affermato che nell’ambito dei servizi pubblici essenziali costituisce sciopero, soggetto alla disciplina della l. 146/1990, l’astensione dal lavoro che si realizzi, a fini di rivendicazione collettiva, mediante presentazione di certificazioni mediche che, secondo l’accertamento del giudice del merito, risultino fittizie e finalizzate a giustificare solo formalmente la mancata presentazione al lavoro, senza reale fondamento in un sottostante stato patologico, ma in realtà siano da collegare ad uno stato di agitazione volto all’astensione collettiva dal lavoro, nella sostanza proclamato dalle OO.SS. in modo “occulto”.
Contratti di apprendistato e lavoro stagionale
da Admin2Ispettorato nazionale del lavoro, nota prot. 24 aprile 2024, n. 795
In tema di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (artt. 43 ss., d.lgs. 81/2015), con una recente nota l’INL precisa in che senso deve essere intesa la richiesta «coerenza» fra le attività lavorative oggetto del contratto di apprendistato e il titolo di studio da conseguire
Rispondendo ad un quesito di un Assessorato della Regione Emilia-Romagna, che chiedeva precisazioni in merito all’utilizzo di contratti di apprendistato di tale tipologia ai fini dello svolgimento di attività stagionali – evidentemente diverse da quelle oggetto del corso di studi o formazione frequentato – l’INL afferma che tale coerenza non comporta automaticamente l’impossibilità di svolgere l’apprendistato in un settore diverso da quello del percorso di istruzione, dal momento che anche in settori diversi lo studente può acquisire le «competenze organizzative, trasversali, umane e relazionali» che entrano a far parte del suo «bagaglio esperienziale» per lo sviluppo professionale.
Pertanto, in definitiva, la stessa sottoscrizione, da parte dell’istituzione formativa, del protocollo di cui all’art. 43, co. 6, d.lgs. 81/2015, che stabilisce il contenuto e la durata degli obblighi formativi del datore di lavoro, è ritenuta dall’INL di per sé idonea a garantire la coerenza del percorso formativo e l’utilità dell’apprendistato ai fini dello sviluppo formativo e professionale dello studente.
Percezione della NASpI e attività di lavoro autonomo
da Admin2Cass. civ., sez. lav., ord. 30 aprile 2024, n. 11543
Secondo la Cassazione, il percettore di NASpI deve dichiarare lo svolgimento di attività di lavoro autonomo anche se queste sono già avviate al momento della presentazione della domanda.
I giudici di merito avevano affermato il diritto del ricorrente alla corresponsione della NASpI che gli era stata negata dall’INPS sul presupposto che egli non aveva comunicato entro trenta giorni dalla data della domanda lo svolgimento di un’attività di lavoro autonomo e il relativo reddito percepito. I giudici, infatti, ritenevano che l’art. 10 del d.lgs. 22/2015, che impone a pena di decadenza dal trattamento la comunicazione dello svolgimento di attività di lavoro autonomo in costanza di percezione della NASpI, riguardi soltanto i casi in cui l’attività lavorativa autonoma è avviata – intrapresa, secondo il lessico della disposizione – successivamente alla concessione della prestazione previdenziale.
Al contrario secondo la Cassazione, che ha accolto il ricorso dell’ente previdenziale, la disposizione correla la decadenza dal trattamento all’omessa comunicazione della contemporaneità fra il godimento della NASpI e lo svolgimento di un’attività autonoma da cui possa derivare un reddito, a nulla rilevando il fatto che l’attività sia intrapresa prima o dopo l’inizio della percezione della prestazione: il caso dell’attività avviata in precedenza deve ritenersi implicitamente considerato dalla disposizione che, impiegando il verbo «intraprendere», minus dixit quam voluit.
Sulla domanda NASpI del lavoratore dello spettacolo che ha percepito l’IDIS
da Admin2INPS, messaggio 7 maggio 2024, n. 1733
Il d.lgs. 175/2023 ha introdotto l’Indennità di Discontinuità Lavoratori dello Spettacolo (IDIS), erogata in una sola soluzione ai lavoratori iscritti al relativo Fondo pensione in ragione delle giornate di contribuzione accreditate nell’anno precedente. Con il messaggio in oggetto, l’INPS chiarisce le modalità di gestione delle domande per la NASpI presentate dai lavoratori che hanno usufruito dell’IDIS, dal momento che le giornate di contribuzione fatte valere ai fini di quest’ultima prestazione non potranno valere anche per la NASpI.
Per questa ragione, l’Istituto precisa le modalità attraverso le quali effettuare lo scomputo delle giornate di lavoro già utilizzate, con la precisazione che dallo scomputo dovranno essere escluse quelle con contratti di lavoro autonomo, che possono valere solo per l’IDIS e non anche per la NASpI.