Blocco dei licenziamenti e mancato superamento del periodo di prova
Con la sentenza del 25 marzo 2021 il Tribunale di Roma ha affermato che è nullo per motivo illecito il licenziamento per asserito mancato superamento del periodo di prova, adottato per aggirare il divieto di licenziamento di cui all’art 46 del d.l. n. 18/2020.
Nel caso in esame, ad avviso del Giudice del Lavoro, esistono indubbiamente indizi gravi, precisi e concordanti, capaci di assurgere a rango di prova a conforto della tesi che il recesso è stato deciso dalla società per conclamati motivi economici piuttosto che per motivi legati all’espletamento della prova, avendo avuto tale società la necessità di eliminare una posizione di lavoro costosa.
L’estromissione dal contesto aziendale di una dipendente divenuta troppo onerosa in questo contesto storico trova un limite insormontabile nel disposto di cui all’art. 46 del d. l. n.18/2020 (cd. “Decreto Cura Italia”) come modificato dall’art. 80 del d. l. n. 34/2020 (cd. “Decreto Rilancio”) e successivi provvedimenti che, al fine di contenere gli esiti negativi della pandemia sui lavoratori, hanno disposto, almeno sino al 31 marzo 2021, il divieto di licenziare i dipendenti per motivi economici e/o organizzativi, a prescindere dalla dimensione occupazione dell’azienda e dal numero dei dipendenti.
Non può che conseguirne la nullità assoluta del recesso datoriale ai sensi del combinato disposto degli artt. 1418 e 1345 c. c., essendo stato il reale motivo che ha giustificato il provvedimento espulsivo violativo dell’art. 46 d. l. n. 18/2020.
Tale conclusione – precisa il Tribunale – trova espressa conferma nell’orientamento della consolidata giurisprudenza secondo il quale un licenziamento è giustificato da motivo illecito ogniqualvolta il provvedimento datoriale è basato su una “finalità vietata dall’ordinamento, poiché contraria a norma imperativa o ai principi dell’ordine pubblico o del buon costume, ovvero poiché diretta ad eludere una norma imperativa” (in tal senso Cass. n. 10603/1993).