Ambiente di lavoro conflittuale e responsabilità datoriale
Cass. civ., sez. lav., ord. 4 gennaio 2025, n. 123
Con la sentenza in oggetto la Cassazione è tornata sul tema dell’obbligo datoriale di sicurezza, confermando in toto la sentenza di Appello che aveva riconosciuto in favore di una dirigente il risarcimento del danno biologico subito in seguito allo sviluppo di un clima di forte contrasto personale in ragione dell’intenzione del superiore gerarchico di attuare un processo di riorganizzazione degli uffici.
La pronuncia si inserisce nel recente e cospicuo filone di legittimità (Cass. 3822/2024, Cass. 4664/2024, Cass. 15975/2024) che, ribadendo la natura solo medico-legale di nozioni quali mobbing e straining, afferma che la mera tolleranza, da parte del datore, di un ambiente di lavoro stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori rappresenta un inadempimento al dovere di sicurezza di cui all’art. 2087 c.c. ed è quindi fatto ingiusto, fonte di danno risarcibile: pertanto, ritiene corretto il ragionamento dei giudici di Appello secondo cui il datore, considerata la situazione di conflittualità venutasi a creare nell’ufficio, avrebbe dovuto intervenire al fine di ristabilire la necessaria serenità, anziché contribuire a sua volta ad un circolo vizioso di reciproche iniziative provocatorie che aveva finito per logorare la salute psicofisica della ricorrente.
Merita segnalare come la Corte abbia ritenuto privo di pregio il motivo di ricorso datoriale secondo cui i giudici di Appello avrebbero omesso di considerare le risultanze della perizia secondo la quale la lavoratrice reagiva in modo eccessivo a situazioni di stress: oltre che inammissibile in quanto volto ad un nuovo esame del materiale probatorio, il motivo sarebbe stato comunque infondato perché «l’art. 2087 c.c. trova applicazione a protezione dei lavoratori in ogni caso, e ciò anche verso i lavoratori più deboli, sicché la maggiore fragilità del lavoratore incrementa e non attenua gli obblighi datoriali di protezione».