I termini di impugnazione del licenziamento
Con sentenza del 7 ottobre 2015, n. 20068, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sui limiti temporali per l’impugnabilità del licenziamento.
La Corte ha infatti affermato che l’impugnazione del licenziamento costituisce “una fattispecie a formazione progressiva, soggetta a due distinti e successivi termini decadenziali, rispetto alla quale risulta indifferente il momento perfezionativo dell’atto di impugnativa vero e proprio; la norma non prevede infatti la perdita di efficacia di un’impugnazione già perfezionatasi (dunque già pervenuta al destinatario) per effetto della successiva intempestiva attivazione dell’impugnante in sede contenziosa, ma impone un doppio termine di decadenza affinché l’impugnazione stessa sia in sé efficace”.
Il primo termine, chiarisce la Corte, sarà rispettato ove “l’impugnazione sia trasmessa entro 60 giorni dalla ricezione degli atti indicati da parte del lavoratore il quale, da tale momento, avendo assolto alla prima delle incombenze di cui è onerato, è assoggettato a quella ulteriore, sempre imposta a pena di decadenza, di attivare la fase giudiziaria entro il termine prefissato”.
L’impugnazione per essere efficace (ferma ovviamente la ricezione da parte del datore di lavoro), richiede il rispetto di un doppio termine di decadenza, che è interamente rimesso al controllo dello stesso impugnante.
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