Licenziamento collettivo: gli accordi sindacali possono ridurre l’indennità sostitutiva del preavviso
Con ordinanza n. 16917 del 15 giugno 2021 la Corte di Cassazione ha affermato che, in ipotesi di licenziamento collettivo irrogato da un’azienda in crisi conclamata, le parti sociali possono addivenire ad un accordo che deroghi in tutto o in parte al principio generale che prevede la corresponsione dell’indennità sostitutiva del preavviso.
Gli Ermellini, dopo aver rilevato che l’obbligazione pecuniaria di corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso può costituire oggetto di accordo e rinuncia, hanno affermato che la stessa è suscettibile di essere oggetto di definizione concordata tra le parti sociali, chiamate, nel contesto di una crisi aziendale, a mediare per assicurare la prosecuzione dell’attività di impresa e la conservazione dei livelli di occupazione.
Tale procedura ad avviso dei Giudici appare perfettamente riconducibile nell’ambito della previsione di cui al d.l. n. 138/2011, art. 8, comma 2 bis, conv. dalla l. n. 148/2011 che, al fine di gestire le situazioni di crisi aziendale, consente alle parti collettive di regolare in deroga alle disposizioni di legge e di CCNL – nel rispetto della Costituzione e della normativa UE – le conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro (fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio).
Su tali presupposti, la Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto dalla società, deducendo che l’accordo sindacale, concluso all’esito della procedura di licenziamento collettivo, ben può contenere anche clausole di contenuto immediatamente regolativo dei rapporti di lavoro.