Ministero dell’Interno: la circolare sul DPCM 26 aprile 2020
Con la circolare del 2 maggio 2020 firmata dal Capo di Gabinetto Piantedosi sono state fornite le indicazioni operative relative al DPCM 26 aprile 2020 su contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.
Le misure adottate con il DPCM del 26 aprile 2020 sono applicabili sull’intero territorio nazionale a partire dal 4 maggio 2020 e sono efficaci fino al 17 maggio 2020.
In particolare, è stato chiarito che la lettera b) dell’art. 1 – rafforzando la previgente misura, consistente in una “forte raccomandazione” – impone ai soggetti con sintomatologia da infezione respiratoria e febbre (maggiore di 37,5 °C) un vero e proprio obbligo di rimanere presso il proprio domicilio e di limitare al massimo i contatti sociali, “contattando il proprio medico curante”.
Con riguardo allo svolgimento di attività produttive industriali e commerciali, l’art. 2 del decreto in argomento amplia il novero delle attività consentite, da una parte, aggiungendo nuovi codici Ateco rispetto a quelli contenuti nell’allegato 3 al DPCM 10 aprile 2020 e, dall’altra, ricomprendendo ulteriori attività all’interno delle tipologie identificate nei codici Ateco già presenti.
Per effetto di tale nuova elencazione, risultano pertanto comprese nel citato allegato 3 anche quelle attività la cui prosecuzione, ai sensi del DPCM 10 aprile 2020, era sottoposta al sistema della preventiva comunicazione al Prefetto.
Il comma 6 del citato articolo 2 subordina la prosecuzione di tutte le attività consentite al rispetto dei contenuti del protocollo di sicurezza negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali, nonché, per i rispettivi ambiti di competenza, del protocollo di sicurezza nei cantieri, anch’esso sottoscritto il 24 aprile 2020, e del protocollo di sicurezza nel settore del trasporto e della logistica del 20 marzo 2020, eliminando ogni altra forma di comunicazione o autorizzazione preventiva.
Il sistema della verifica della sussistenza delle condizioni richieste per la prosecuzione delle attività aziendali, basato sulle comunicazioni degli interessati ai Prefetti, previsto nella previgente normativa, viene, infatti, sostituito con un regime di controlli sull’osservanza delle prescrizioni contenute nei protocolli richiamati in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.
La violazione delle prescrizioni contenute nei tre citati protocolli comporta l’applicazione del sistema sanzionatorio previsto dall’art. 4 del d.l. n. 19/2020 che prevede sanzioni amministrative pecuniarie e accessorie, salvo che il fatto contestato costituisca reato.
La verifica dell’eventuale sussistenza degli estremi di un illecito penale dovrà fare riferimento al quadro normativo in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro delineato dal d.lgs. n. 81/2008.
L’obbligo della preventiva comunicazione al Prefetto resta unicamente con riguardo alle attività sospese, in quanto non incluse nell’elenco di cui all’allegato 3, e al solo fine di ammettere l’accesso ai locali aziendali di personale dipendente o terzi delegati per lo svolgimento di attività di vigilanza, attività conservative e di manutenzione, gestione dei pagamenti, attività di pulizia e sanificazione nonché per consentire la spedizione verso terzi di merci giacenti in magazzino nonché la ricezione in magazzino di beni e forniture.