Il diritto allo smart working per i lavoratori disabili
Con il decreto del 23 aprile 2020 il Tribunale di Bologna ha ordinato ad una società che aveva negato l’autorizzazione allo smart working ad una lavoratrice invalida al 60%, di assegnarla a modalità di lavoro agile, dotandola degli strumenti necessari o concordando l’utilizzo di quelli personali.
Nel caso di specie, l’azienda stava utilizzando la modalità di smart working per alcuni dei dipendenti dell’ufficio fiscale al quale è addetta la ricorrente, mentre non aveva accolto la richiesta prontamente presentata dalla lavoratrice, invalida e convivente con figlia con handicap grave accertato e documentato.
Il Tribunale ha affermato che nell’attuale situazione di emergenza sanitaria il lavoro da casa è raccomandato o imposto dalla normativa recente (Art. 1, comma 7, DPCM 3 marzo 2020 e art. 4 DPCM 1 marzo 2020).
In particolare, l’art. 39, d.l. n. 18/2020 dispone che “Fino alla data del 30 aprile 2020, i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ai sensi degli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”.
Mentre al comma 2 stabilisce che “Ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile ai sensi degli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81”.