Procedimento ex art. 28 Statuto: quali requisiti per agire?
Con la decisione 22 maggio 2018, n. 12551 la Corte di Cassazione ha affrontato due fondamentali questioni in materia di repressione della condotta antisindacale ex art. 28 legge n. 300/1970.
In primo luogo, ai fini della legittimazione attiva, la Corte ha inteso ribadire il principio secondo cui per poter promuovere azione ex art. 28 l. n. 300/1970 le associazioni sindacali nazionali devono avere una struttura organizzativa articolata a livello nazionale e devono svolgere effettiva attività sindacale su tutto il territorio nazionale o su ampia parte di questo. Non occorre che dette organizzazioni siano firmatarie di contratti collettivi nazionali: tale elemento è un indice tipico, ma non certamente l’unico rilevante per definire la nazionalità.
Per quanto attiene al profilo dell’attualità della condotta, il Supremo Collegio ha sottolineato che “il solo esaurirsi della singola azione lesiva del datore di lavoro non può precludere l’ordine del giudice di cessazione del comportamento illegittimo ove questo, alla stregua di una valutazione globale non limitata ai singoli episodi, risulti tuttora persistente ed idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue, suscettibile di determinare in qualche misura una restrizione o un ostacolo al libero esercizio dell’attività sindacale”.
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