Fino a che punto il committente può condizionare l’organizzazione del lavoro dell’appaltatore?
Trib. Catanzaro, sez. lav. sent. 10 dicembre 2024, n. 1028
… Senza sconfinare nell’esercizio del potere direttivo nei confronti dei dipendenti di quest’ultimo, e quindi, andando incontro al divieto di interposizione? L’interesse della questione è costantemente rinnovato dall’evoluzione delle tecnologie e degli schemi negoziali, attraverso i quali i committenti possono esercitare significativi livelli di controllo sull’organizzazione degli appaltatori.
La sentenza in oggetto ha accertato l’illegittimità di un appalto di servizi postali, e quindi la costituzione dei rapporti di lavoro alle dipendenze della committente, incentrando la verifica della carenza di autonomia dell’appaltatore sul fatto che le modalità del servizio erano predefinite fin nei minimi dettagli nei Modelli di Pianificazione di Trasporto forniti dalla committente che quindi, nei fatti, esercitava il potere direttivo, senza che residuasse alcuna discrezionalità dell’appaltatore nell’organizzare la prestazione dei dipendenti. A fronte di questo elemento decisivo, a nulla poteva valere che l’appaltatore fosse proprietario dei veicoli utilizzati.
Fra gli elementi decisivi, secondo il Tribunale, rientra anche la presenza nel contratto di appalto di una c.d. clausola di gradimento, che consente al committente di richiedere discrezionalmente la sostituzione di dipendenti dell’appaltatore, qualora “sgraditi”: clausole di questo genere sono di per sé ritenute legittime dalla poca giurisprudenza che se ne è occupata; tuttavia, la sentenza in commento ci mostra come la loro presenza, in un quadro in cui è complessivamente dubbia la legittimità dell’appalto, possa avere una forte valenza “indiziaria” e, quindi, far propendere per l’accertamento dell’interposizione illecita.