Lavoratori con disabilità e licenziamento per superamento del comporto: la Cassazione sugli obblighi di attivazione del datore di lavoro
Cass. civ., sez. lav., ord. 7 gennaio 2025, n. 170
Una recente pronuncia della Suprema Corte, intervenuta a cassare una sentenza di Appello non conforme alla sua giurisprudenza recente, arricchisce di nuovi elementi l’orientamento secondo cui è discriminazione indiretta l’applicazione al lavoratore in condizione di disabilità dello stesso periodo di comporto per malattia applicato alla generalità dei dipendenti, dal momento che i rischi di maggior morbilità pongono il primo in una condizione di particolare svantaggio di fronte all’applicazione di un comporto indifferenziato.
La sentenza contribuisce a chiarire l’impostazione della Cassazione sulla posizione dei soggetti coinvolti in vicende simili: in particolare, per quanto riguarda quella del datore, al centro della discussione degli ultimi mesi, la sentenza fa emergere chiaramente un obbligo di attivazione in capo al datore di lavoro il quale, prima di licenziare in applicazione del periodo di comporto ordinario, deve acquisire informazioni circa la possibile correlazione fra le assenze per malattia e lo stato personale di disabilità, al fine di adottare possibili accorgimenti ragionevoli tali da evitare il recesso: questi ultimi, come sembra inevitabile, restano indeterminati, dovendo essere ritagliati sul caso concreto.
La Corte ribadisce altresì che il lavoratore, di fronte al comportamento del datore che diligentemente si informi sulla sua condizione, non può adottare un atteggiamento ostruzionistico, che impedisce l’interlocuzione necessaria per l’individuare gli accorgimenti ragionevoli; non manca, infine, un invito alla contrattazione collettiva a disciplinare «in modo esplicito» il tema, non risultando sufficienti le regole già diffuse per le assenze determinate da patologie di particolare gravità.