Corte costituzionale: la disciplina dell’impresa familiare si applica anche al convivente di fatto
L’art. 230-bis del codice civile prevede che, salvo che sia configurabile un diverso rapporto, i familiari che prestano continuativamente attività di lavoro nell’impresa familiare hanno diritto al mantenimento e alla partecipazione agli utili, ai beni acquistati e agli incrementi dell’azienda, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, nonché alla partecipazione alle decisioni inerenti all’impresa.
Con la sentenza in oggetto la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale articolo nella parte in cui esclude dal novero dei familiari considerati dalla disposizione il convivente di fatto e, consequenzialmente, l’illegittimità dell’art. 230-ter del codice civile, introdotto dalla l. n. 76/2016, che, per i conviventi di fatto, introduceva una tutela ridotta in quanto priva del diritto al mantenimento e alla partecipazione alla gestione dell’impresa.
Secondo la Corte costituzionale, infatti, in materia di diritti fondamentali quali quelli al lavoro e alla retribuzione non sono tollerabili differenze di trattamento con la famiglia fondata sul matrimonio e devono quindi essere garantiti al convivente di fatto gli stessi diritti del coniuge.