Obbligo di repêchage e ius variandi del datore di lavoro
Cass. civ., sez. lav., ord. 13/11/2023, n. 31561
Una recente ordinanza della Cassazione in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo valorizza il collegamento fra adempimento dell’obbligo di repêchage ed esercizio dello ius variandi datoriale, attualmente regolato dall’art. 2103 c.c. nel senso che esiste un potere unilaterale del datore di lavoro di adibire il dipendente in mansioni di pari livello, secondo gli inquadramenti previsti dalla contrattazione collettiva, e categoria legale di inquadramento.
Nel caso di specie, la Cassazione ha ritenuto che il datore di lavoro non avesse provato che la dipendente licenziata non possedesse le competenze necessarie per essere adibita alle mansioni per le quali, successivamente al licenziamento, c’erano state assunzioni, fra cui alcune per profili rientranti nello stesso livello di inquadramento contrattuale. In particolare, la Corte ha affermato che nel contesto dell’attuale formulazione dell’art. 2103 c.c. il riferimento ai livelli di inquadramento predisposti dalla contrattazione collettiva non è indifferente per la valutazione dell’adempimento del repêchage, bensì costituisce un elemento che il giudice deve valutare per accertare che il dipendente licenziato fosse o meno in grado di espletare le mansioni di chi è stato assunto ex novo.
Rimane fermo il limite all’obbligo di repêchage rappresentato dal fatto che il dipendente licenziato non possedesse le competenze e l’esperienza professionale necessarie per le diverse mansioni possibili, che deve però essere verificato sulla base di circostanze oggettivamente verificabili, addotte dal datore.
La decisione è reperibile su www.italgiure.giustizia.it