Licenziamento per giustificato motivo oggettivo e repêchage: ancora sull’onere della prova
Cass. civ., sez. lavoro, ord. 13/11/2023, n. 31451
Una recente ordinanza della Cassazione ripercorre la giurisprudenza della Corte in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e puntualizza il contenuto dell’obbligo datoriale c.d. di «repêchage», cioè della necessaria verifica, prima di intimare il licenziamento, della presenza di posizioni nell’organizzazione aziendale presso le quali il lavoratore potrebbe essere ricollocato evitando il licenziamento.
Il principio consolidato in tema, ribadito dalla Corte, è che la possibilità di ricollocare il dipendente in posizioni aziendali alternative debba essere verificata dal datore non solo con riferimento a posizioni equivalenti a quella prima occupata o appartenenti al livello di inquadramento immediatamente inferiore, ma anche proponendo al dipendente il demansionamento, che il dipendente è libero di accettare o rifiutare, in questo caso esponendosi all’eventualità del licenziamento.
Secondo la Corte, il limite dell’obbligo di repêchage è costituito dal fatto che il licenziando non abbia le capacità professionali per occupare la diversa posizione di lavoro: ma ciò deve risultare da circostanze oggettive e verificabili, dal momento che diversamente la valutazione operata dal datore di lavoro rimarrebbe del tutto insindacabile.
Infine, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, la Cassazione ribadisce che l’inadempimento dell’obbligo di repêchage equivale a «insussistenza del fatto» posto a base del licenziamento e, pertanto, comporta l’applicazione della tutela reintegratoria, come previsto dall’art. 18, co. 7, l. 300/1970, nella formulazione risultante dalle recenti sentenze della Corte costituzionale (n. 125/2022 e n. 59/2021).
La decisione è reperibile su www.italgiure.giustizia.it