Imposizione di un contratto collettivo e condotta antisindacale: precisare ciò che è ovvio non è mai inutile
Il Tribunale di Bologna, con la decisione dello scorso 12 gennaio ha confermato la decisione del medesimo Ufficio Giudiziario del 2021 assunta all’esito di un procedimento di repressione della condotta antisindacale.
La vicenda è nota e riguarda l’imposizione aziendale ai lavoratori di un contratto collettivo sottoscritto da una associazione sindacale ritenuta carente del requisito della maggiore rappresentatività comparata
Questione delicata e complessa ma che forse può meglio comprendersi lasciando parlare il testo della decisione, immerso in una fattualità che trova forma con la luce chiara del diritto.
Qui se ne riporta un brano:
“Ne discende che il contratto collettivo sottoscritto nel settembre 2020 tra Assodelivery e UGL Rider, in assenza del requisito della maggiore rappresentatività comparata in capo a quest’ultima, non appare idoneo a derogare alla disciplina di legge e quindi a produrre gli effetti di cui all’art. 47 quater co. 1.
Ma – ciò che più conta in questa sede – soprattutto ne discende la illegittimità e la antisindacalità della successiva condotta di Deliveroo che ha sostanzialmente imposto ai suoi rider l’adesione a nuove condizioni di contratto, conformi alle previsioni di un CCNL inidoneo a dettare validamente una disciplina prevalente rispetto a quella legale.
A fortiori appare illegittima ed antisindacale la condotta di Deliveroo, consistente nel recesso unilaterale e nella definitiva cessazione del rapporto con quei rider che (come il Mancuso) hanno rifiutato la adesione alle nuove condizioni conformi alle previsioni di un CCNL concluso con una organizzazione sindacale priva del requisito della maggiore rappresentatività.
La circostanza che Deliveroo sia iscritta alla associazione firmataria Assodelivery non elide la discriminatorietà ed antisindacalità della sua condotta, poiché la società opponente è receduta unilateralmente da tutti i contratti in essere di fatto obbligando i suoi rider ad aderire alle condizioni della nuova contrattazione collettiva, sostanzialmente imponendo l’adozione di un determinato CCNL come condizione alla prosecuzione del rapporto.
Né la condotta di Deliveroo può essere ritenuta legittima in forza della previsione contenuta nei contratti individuali di un diritto di recesso ad nutum con preavviso di 30 giorni.
Sul punto anzitutto stupisce l’affermazione della difesa di Deliveroo, secondo cui “ancora una volta non è chiaro da cosa sarebbe desumibile o da quale elemento il Giudice abbia tratto la convinzione che i recessi in esame fossero subordinati alla accettazione del CCNL o dei termini previsti dal CCNL” (pag. 82 ricorso in opposizione): è infatti la stessa comunicazione inviata in data 2.10.2020 a tutti i rider che chiarisce in modo inequivoco che la prosecuzione del rapporto con Deliveroo era subordinata alla firma del nuovo contratto. Si legge infatti nella missiva che “Se non firmerai il nuovo contratto di collaborazione entro il 2 novembre, a partire dal giorno 3 novembre non potrai più consegnare con Deliveroo poiché il tuo contratto non sarà più conforme a legge”.
In questo caso quindi il recesso è esercitato in palese violazione dei principi di buona fede e correttezza, perché è utilizzato come strumento di coazione della volontà del rider per indurlo – con la esplicita e francamente brutale minaccia della immediata e definitiva risoluzione del rapporto – all’accettazione di condizioni negoziali non conformi a legge (perché, non ci si stanca di ribadirlo, contenute in un accordo collettivo privo di efficacia derogatoria ai sensi dell’art. 47 quater D. Lgs. 81/2015)».
Ecco comunque il testo integrale della sentenza: buona lettura.